L’approfondimento: La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza del 27 gennaio 2023, n. 2619, ha
stabilito che i compensi per prestazioni di lavoro autonomo rese in Italia da soggetti non residenti ad una società domestica sono soggetti alla ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30%, ex art. 25, comma 2, del D.P.R. n.600/1973,anche se rese da società. Per i giudici a quo nella valutazione della natura dei compensi in rassegna occorre considerare in primis il profilo oggettivo di tali prestazioni generatrici di redditi di lavoro autonomo, in ipotesi in cui, come nel caso di specie, sia prevalente la natura personale rispetto all’organizzazione di mezzi e risulta, quindi, verificata tale condizione per le prestazioni di modelli, parrucchieri, truccatori e stilisti, pur se fatturate da società.
Note:
1 In tema di ritenute, nei rapporti con intermediari esteri la norma
di riferimento è rappresentata dall’art. 25-bis, ultimo comma, del
D.P.R. n. 600/1973, ai sensi del quale le ritenute di cui ai
precedenti commi “si applicano anche alle provvigioni corrisposte
a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti
non residenti”.
2 In proposito, giova evidenziare che autorevole dottrina, richiamando
la circolare Assonime del 5 giugno 1973, n. 101, ricomprende
nella locuzione di “esercizio di arti e professione” non
solo i percettori di reddito di lavoro autonomo iscritti in appositi
Albi o elenchi, ma anche quelle attività che pur non incluse nei
predetti Albi/Elenchi sono tuttavia caratterizzate da una completa
autonomia del soggetto che le esercita rispetto al soggetto
che ne beneficia (S. Capolupo, Manuale dell’Accertamento delle
imposte, IPSOA editore).
3 La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza del 3 marzo
2022, n. 7108 ha chiarito che l’attività tipica svolta dalle modelle,
debba considerarsi un’attività di carattere personale, propria dei
prestatori autonomi diversa, quindi, da quella artistica in quanto
non destinata alla realizzazione di spettacoli. Per un approfondimento
sulla sentenza de qua, si rimanda a D. Greco, “Compensi
percepiti dalle fashion models internazionali: il caso Dolce &
Gabbana”, in questa Rivista, n. 1/2023.
4 D.P.R. n. 917/1986, Art. 23,comma 1. Ai fini dell’applicazione
dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano
prodotti nel territorio dello Stato: ... d) i redditi di lavoro
autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello
Stato.Comma2: Indipendentemente dalle condizioni di cui alle
lett. c), d), e) e f) del comma 1 si considerano prodotti nel
territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti
residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel
territorio stesso di soggetti non residenti: ... d) i compensi
conseguiti da imprese, società o enti non residenti per prestazioni
artistiche o professionali effettuate per loro conto
nel territorio dello Stato.
5 Sela“prestazione” è svolta in parte in Italia e in parte all’estero si
ritiene soddisfatto il requisito della territorialità previsto dall’art.
23 T.U.I.R., ciò in quanto i casi di esclusione dell’applicazione
della ritenuta si riferiscono al solo lavoratore autonomo non
residente che effettua la prestazione a favore del soggetto italiano
interamente all’estero, nel qual caso la somma non è tassata in
Italia e, quindi, non è soggetta a ritenuta alla fonte.
6 Al seguente link: urly.it/3t_d9 l’Agenzia delle entrate ha pubblicato
le risposte alle domande più frequenti relative ai certificati
di residenza, cui si rimanda.
7 Al riguardo, giova segnalare che la più recente decisione dei
giudici di legittimità n. 19722/2022, laddove si evidenzia che le
norme pattizie delle Convenzioni contro le doppie imposizioni
non sono in contrasto necessario con l’applicabilità di norme
antievasione e antiabuso interne dei Paesi contraenti. Il caso
analizzato dalla Cassazione si riferiva all’indeducibilità delle
spese derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e
imprese domiciliate fiscalmente in Stati non appartenenti
all’Unione Europea aventi regimi fiscali privilegiati, come disciplinato
dall’abrogato art. 110, comma, 10 e 11 del T.U.I.R., il
quale non era in contrasto con l’art. 25 della Convenzione
contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Svizzera,
interpretato secondo il principio generale di buona fede di cui
all’art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati e
in conformità al Commentario OCSE.
8 Direttiva UE 2017/1852, c.d. DRM recepita con il D.Lgs. n.
49/2020 e relativo Provvedimento attuativo dell’AdE del 16
dicembre 2020, n. 381180.
9 L’Agenzia delle entrate con la risposta n. 20 del 29 novembre
2019, ritiene che il professionista abbia la possibilità di anticipare
la fatturazione delle prestazioni rese e, quindi, l’esigibilità
dell’IVA rispetto al momento dell’effettivo incasso e poi chiudere
la partita IVA.
10 In proposito, l’AdE con la risposta in disamina richiama, tra le
altre, la sentenza della Suprema Corte di cassazione del 30 luglio
2014, n. 17306.
11 In tal senso, si veda il Provvedimento direttoriale prot. n. 2013/
84404 di approvazione dei modelli di domanda per il rimborso,
l’esonero dall’imposta italiana o l’applicazione dell’aliquota
ridotta sui redditi corrisposti a soggetti non residenti in forza
delle Convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi, della
Direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990
(Direttiva “madre-figlia”) e della Direttiva del Consiglio
2003/49/CE del 3 giugno 2003 (Direttiva “interessi e canoni”),
nonché approvazione del modello di attestato di residenza fiscale
per i soggetti residenti.