L'approfondimento: La sentenza della Corte di cassazione del 29 Settembre 2023, n. 27646, si è pronunciata in materia di presentazione tardiva dei certificati di residenza estera attestanti i requisiti per l’esonero delle ritenute d’imposta applicabili
ai soggetti esteri percettori di redditi formati nel territorio dello Stato, formulando
in merito chiari principi di diritto da cui discende la piena legittimità dei certificati de quo che attestano, ancorché in data successiva all’evento (i.e. “ora per allora”), la sussistenza dei requisiti di legge per l’applicazione dell’esenzione (N.d.R. o riduzione) della ritenuta d’imposta.
La sentenza della Corte di cassazione n. 27646/2023, come vedremo in prosieguo, appare di notevole interesse in quanto nella normale prassi operativa nel corso delle verifiche fiscale si assiste al disconoscimento della validità del certificato di residenza estera c.d. postumo, da cui discende la contestazione in capo al sostituto d’imposta domestico per omessa tassazione del reddito in Italia prodotto dal soggetto non residente, mediante applicazione della prescritta ritenuta fiscale a titolo d’imposta con aliquota ordinaria del 30%. Quanto sopra, senza considerare che il requisito della preventiva esibizione del certificato de quo (i.e. prima del pagamento dei dividendi, interessi o canoni al non residente) è previsto soltanto dalle norme interne che hanno recepito le c.d. Direttive comunitarie sui dividendi e interessi e canoni e non anche dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, da cui deriva l’esenzione e/o la riduzione delle ritenute d’imposta sui redditi di fonte domestica disciplinati dal singolo Trattato1.
Prima di entrare nel merito della sentenza giova ricordare quali sono gli adempimenti ovvero la procedura che i soggetti non residenti beneficiari dei redditi di fonte italiana devono porre in essere per richiedere al sostituto d’imposta domestico l’esenzione e/o la riduzione delle imposte ovvero il rimborso delle medesime imposte, qualora applicate, all’Agenzia delle entrate2.
Prima di entrare nel merito della sentenza giova ricordare quali sono gli adempimenti ovvero la procedura che i soggetti non residenti beneficiari dei redditi di fonte italiana devono porre in essere per richiedere al sostituto d’imposta domestico l’esenzione e/o la riduzione delle imposte ovvero il rimborso delle medesime imposte, qualora applicate, all’Agenzia delle entrate2.
Provvedimento Direttore entrate n. 84404/2013
Con l’ormai rodato Provvedimento direttoriale n. 84404/20133, si prescrive che i soggetti non residenti che hanno realizzato redditi di fonte italiana4 possono utilizzare i moduli contraddistinti dalle lettere:
• “A, B,Ce D”, utili per l’applicazione diretta delle Convenzioni pattizie stipulate dall’Italia ovvero per ottenere il rimborso o l’esonero dall’imposta domestica. Tali modelli, tra l’altro, contengono la parte riservata all’attestazione di residenza fiscale da apporre da parte dell’Autorità fiscale dello Stato estero in cui il beneficiario dei redditi è fiscalmente residente e, se diretti ad ottenere l’aliquota pattizia agevolata o l’esonero
da ritenuta, devono essere presentati al sostituto d’imposta domestico che ha l’onere di verificare la conformità dei dati indicati nel modello rispetto alle condizioni richieste per l’applicazione della Convenzione. Ciò in quanto, secondo costante interpretazione dall’Agenzia delle entrate, nel caso di applicazione diretta delle Convenzioni si ricava che il sostituto d’imposta ha la piena facoltà di non dare corso all’applicazione della Convenzione e di operare, quindi, il prelievo secondo la normativa interna, se ritiene di non assumersi responsabilità circa l’idoneità e la completezza della documentazione presentata dal beneficiario non residente5;
• “E ed F”, utilizzabili per la richiesta di esenzione della ritenuta d’imposta, rispettivamente, sui dividendi e sugli altri strumenti finanziari distribuiti da una società “figlia” residente alla società “madre” o sua stabile organizzazione posta in altro Paese membro della UE e sugli interessi e royalties erogati tra società consociate6. L’esenzione de qua si applica anche alle società “madri” che risultano a loro volta controllate direttamente o
indirettamente da uno o più soggetti non residenti in Stati membri dell’Unione Europea, a condizione che dimostrino di non detenere la partecipazione allo scopo esclusivo o principale di beneficiare del regime previsto dalla Direttiva. In merito alla dimostrazione che la detenzione della partecipazione da parte della società extra-UE nella società comunitaria “madre” non abbia finalità elusive, l’art. 27-bis, comma 5, del D.P.R. n. 600/1973, prevede l’applicazione delle procedure di cui ai commi 12 e 13 dell’art. 11 della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, per fornire le relative prove. Tali procedure prevedono la possibilità per il contribuente di dimostrare le proprie ragioni di applicazione dell’esenzione: a) tramite una procedura di interpello preventivo attivata dal contribuente, oppure; b) a seguito di specifica richiesta da parte dell’Agenzia delle entrate al momento del controllo7.
È appena il caso di ricordare che il
Provvedimento de qua stabilisce che l’attestato di residenza fiscale per i soggetti residenti può essere richiesto presso qualsiasi Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate. Tale previsione costituisce una semplificazione di non poco conto, ad esempio, per i c.d. grandi contribuenti che possono ovviare di rivolgersi per queste richieste esclusivamente all’Ufficio competente nei loro confronti (i.e. Ufficio Grandi Contribuenti c/o le Direzioni Regionali dell’A.E. posti nei capoluoghi di Regione), la cui ubicazione è solitamente molto distante dalla sede dell’impresa.
• “A, B,Ce D”, utili per l’applicazione diretta delle Convenzioni pattizie stipulate dall’Italia ovvero per ottenere il rimborso o l’esonero dall’imposta domestica. Tali modelli, tra l’altro, contengono la parte riservata all’attestazione di residenza fiscale da apporre da parte dell’Autorità fiscale dello Stato estero in cui il beneficiario dei redditi è fiscalmente residente e, se diretti ad ottenere l’aliquota pattizia agevolata o l’esonero
da ritenuta, devono essere presentati al sostituto d’imposta domestico che ha l’onere di verificare la conformità dei dati indicati nel modello rispetto alle condizioni richieste per l’applicazione della Convenzione. Ciò in quanto, secondo costante interpretazione dall’Agenzia delle entrate, nel caso di applicazione diretta delle Convenzioni si ricava che il sostituto d’imposta ha la piena facoltà di non dare corso all’applicazione della Convenzione e di operare, quindi, il prelievo secondo la normativa interna, se ritiene di non assumersi responsabilità circa l’idoneità e la completezza della documentazione presentata dal beneficiario non residente5;
• “E ed F”, utilizzabili per la richiesta di esenzione della ritenuta d’imposta, rispettivamente, sui dividendi e sugli altri strumenti finanziari distribuiti da una società “figlia” residente alla società “madre” o sua stabile organizzazione posta in altro Paese membro della UE e sugli interessi e royalties erogati tra società consociate6. L’esenzione de qua si applica anche alle società “madri” che risultano a loro volta controllate direttamente o
indirettamente da uno o più soggetti non residenti in Stati membri dell’Unione Europea, a condizione che dimostrino di non detenere la partecipazione allo scopo esclusivo o principale di beneficiare del regime previsto dalla Direttiva. In merito alla dimostrazione che la detenzione della partecipazione da parte della società extra-UE nella società comunitaria “madre” non abbia finalità elusive, l’art. 27-bis, comma 5, del D.P.R. n. 600/1973, prevede l’applicazione delle procedure di cui ai commi 12 e 13 dell’art. 11 della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, per fornire le relative prove. Tali procedure prevedono la possibilità per il contribuente di dimostrare le proprie ragioni di applicazione dell’esenzione: a) tramite una procedura di interpello preventivo attivata dal contribuente, oppure; b) a seguito di specifica richiesta da parte dell’Agenzia delle entrate al momento del controllo7.
È appena il caso di ricordare che il
Provvedimento de qua stabilisce che l’attestato di residenza fiscale per i soggetti residenti può essere richiesto presso qualsiasi Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate. Tale previsione costituisce una semplificazione di non poco conto, ad esempio, per i c.d. grandi contribuenti che possono ovviare di rivolgersi per queste richieste esclusivamente all’Ufficio competente nei loro confronti (i.e. Ufficio Grandi Contribuenti c/o le Direzioni Regionali dell’A.E. posti nei capoluoghi di Regione), la cui ubicazione è solitamente molto distante dalla sede dell’impresa.
Accordo UE-Svizzera del 26 ottobre 20048*
Il richiamato Provvedimento n. 84404/2013 non prevede alcun specifico modulo da utilizzare nell’ipotesi di esenzione da ritenuta sui pagamenti di dividendi, interessi e canoni prevista dall’Accordo tra l’Unione Europea e la Svizzera del 26 ottobre 2004 e successive modificazioni e integrazioni che, con alcune modifiche, ricalca la previsione della Direttiva 2011/96/UE c.d. “madre-figlia”9.
Da tale Accordo ne discende una disposizione di maggior favore per i predetti pagamenti corrisposti da società figlie italiane a società “madri” svizzere, sia rispetto ala norma domestica che prevede l’applicazione della ritenuta ordinaria sia rispetto alle disposizioni pattizie contro le doppie imposizioni che prevedono ritenute ridotte e/o l’esenzione. Nella sostanza l’Accordo de quo prevede l’esclusione da imposizione nello Stato della fonte del reddito subordinata al rispetto di specifiche condizioni. Tralasciando in questa sede ogni approfondimento sul tema10, con specifico riferimento alla carenza della modulistica utile all’applicazione concreta dell’Accordo in parola, giova evidenziare che ai fini operativi può essere utile ricordare che l’Autorità elvetica per la fattispecie in rassegna ha emanato un’apposita modulistica, che peraltro riproduce fedelmente i requisiti dell’Accordo, che a specchio può essere utilizzata anche dall’impresa domestica in assenza di disposizioni contrarie dell’Agenzia delle entrate11. In proposito, si evidenzia ancora che l’Agenzia delle entrate, nell’ammettere l’Attestato di residenza rilasciato dalla corrispondente Autorità fiscale estera, ha precisato nelle proprie FAQ che detto modello deve attestare la residenza del beneficiario ai sensi della pertinente norma convenzionale (N.d.R. o dell’“Accordo”) nel
periodo d’imposta ovvero alla data del rilascio dell’attestato. In merito alla valenza del certificato di residenza estero è appena il caso di segnalare la recente sentenza della Suprema Corte di cassazione del 10 gennaio 2024, n. 994 che, in linea con la precedente pronuncia del 6 novembre 2023, n. 30779, conferma che l’attestato ufficiale dello Stato contraente (i.e. certificato di residenza fiscale) è sufficiente a dimostrare che per il contribuente residente sussistono le condizione richieste per aver diritto all’applicazione dei benefici previsti dalla Convenzione12. Al riguardo, pare utile richiamare pure l’ulteriore sentenza dei Supremi giudici di legittimità n. 12184 dello scorso 8 maggio 2023 in cui è stato affermato l’interessante principio afferente alla diversa tempistica nella produzione della documentazione per poter beneficiare dell’esenzione dalle ritenute d’imposta. Più in dettaglio, nel caso di specie veniva contestata dal Fisco, tra l’altro, l’insussistenza dei requisiti previsti per la richiesta di rimborso, sulla scorta di quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26-quater, in conformità all’art. 1, comma 11, della Direttiva 2003/49/CE, utile per ottenere l’esenzione dalla tassazione per cui la società istante avrebbe dovuto produrre la documentazione che ne attestava i presupposti “entro la data del pagamento degli interessi o dei canoni”. In proposito, i giudici di legittimità fanno rilevare, invece, come la disposizione normativa appena richiamata si riferisce alla diversa ipotesi di esenzione dal versamento delle imposte sugli interessi che opera al momento del pagamento, ma non al caso in parola in cui la domanda di rimborso abbia ad oggetto la fattispecie afferente a ritenute già versate dal sostituto d’imposta domestico. In tale
diversa fattispecie, quindi, per la Suprema Corte, viene in rilievo il disposto di cui al D.P.R. n. 602/1973, art. 38, comma 6, ove è prescritto che le istanze di rimborso delle società non residenti siano corredate della documentazione prevista dal citato D.P.R. n. 600/1973, art. 26-quater, da produrre ovviamente solo in fase di predisposizione dell’istanza di rimborso e a corredo della medesima.
Da tale Accordo ne discende una disposizione di maggior favore per i predetti pagamenti corrisposti da società figlie italiane a società “madri” svizzere, sia rispetto ala norma domestica che prevede l’applicazione della ritenuta ordinaria sia rispetto alle disposizioni pattizie contro le doppie imposizioni che prevedono ritenute ridotte e/o l’esenzione. Nella sostanza l’Accordo de quo prevede l’esclusione da imposizione nello Stato della fonte del reddito subordinata al rispetto di specifiche condizioni. Tralasciando in questa sede ogni approfondimento sul tema10, con specifico riferimento alla carenza della modulistica utile all’applicazione concreta dell’Accordo in parola, giova evidenziare che ai fini operativi può essere utile ricordare che l’Autorità elvetica per la fattispecie in rassegna ha emanato un’apposita modulistica, che peraltro riproduce fedelmente i requisiti dell’Accordo, che a specchio può essere utilizzata anche dall’impresa domestica in assenza di disposizioni contrarie dell’Agenzia delle entrate11. In proposito, si evidenzia ancora che l’Agenzia delle entrate, nell’ammettere l’Attestato di residenza rilasciato dalla corrispondente Autorità fiscale estera, ha precisato nelle proprie FAQ che detto modello deve attestare la residenza del beneficiario ai sensi della pertinente norma convenzionale (N.d.R. o dell’“Accordo”) nel
periodo d’imposta ovvero alla data del rilascio dell’attestato. In merito alla valenza del certificato di residenza estero è appena il caso di segnalare la recente sentenza della Suprema Corte di cassazione del 10 gennaio 2024, n. 994 che, in linea con la precedente pronuncia del 6 novembre 2023, n. 30779, conferma che l’attestato ufficiale dello Stato contraente (i.e. certificato di residenza fiscale) è sufficiente a dimostrare che per il contribuente residente sussistono le condizione richieste per aver diritto all’applicazione dei benefici previsti dalla Convenzione12. Al riguardo, pare utile richiamare pure l’ulteriore sentenza dei Supremi giudici di legittimità n. 12184 dello scorso 8 maggio 2023 in cui è stato affermato l’interessante principio afferente alla diversa tempistica nella produzione della documentazione per poter beneficiare dell’esenzione dalle ritenute d’imposta. Più in dettaglio, nel caso di specie veniva contestata dal Fisco, tra l’altro, l’insussistenza dei requisiti previsti per la richiesta di rimborso, sulla scorta di quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26-quater, in conformità all’art. 1, comma 11, della Direttiva 2003/49/CE, utile per ottenere l’esenzione dalla tassazione per cui la società istante avrebbe dovuto produrre la documentazione che ne attestava i presupposti “entro la data del pagamento degli interessi o dei canoni”. In proposito, i giudici di legittimità fanno rilevare, invece, come la disposizione normativa appena richiamata si riferisce alla diversa ipotesi di esenzione dal versamento delle imposte sugli interessi che opera al momento del pagamento, ma non al caso in parola in cui la domanda di rimborso abbia ad oggetto la fattispecie afferente a ritenute già versate dal sostituto d’imposta domestico. In tale
diversa fattispecie, quindi, per la Suprema Corte, viene in rilievo il disposto di cui al D.P.R. n. 602/1973, art. 38, comma 6, ove è prescritto che le istanze di rimborso delle società non residenti siano corredate della documentazione prevista dal citato D.P.R. n. 600/1973, art. 26-quater, da produrre ovviamente solo in fase di predisposizione dell’istanza di rimborso e a corredo della medesima.
Suprema Corte di cassazione - Sentenza 29 settembre 2023, n. 27646
Con la recente sentenza n. 27646/2023 i Supremi giudici, si sono occupati della fattispecieafferente alla distribuzione di dividendi da parte di una società “figlia” residente alla propria società “madre” olandese deliberati in prossimità della fine dell’anno 2019 (11 dicembre) in cui fu eseguito anche l’effettivo pagamento (14 dicembre). Pur se tale distribuzione di dividendi rientrava nell’ipotesi disciplinata dalla supra richiamata
Direttiva 435/1990 c.d. madre-figlia, da cui consegue l’applicazione dell’esenzione della ritenuta fiscale a titolo d’imposta, alla controllata domestica fu contestata l’erronea applicazione dell’art. 27-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, che ha recepito nell’ordinamento interno la Direttiva in parola, sulla scorta che la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dei benefici previsti dalla predetta Direttiva era stata rilasciata solo in data successiva (25 marzo 2010) a quella di effettivo pagamento dei dividendi (14 dicembre 2019). La società “figlia” definì in adesione il conseguente avviso di accertamento
mediante versamento di quanto determinato in tale sede.
Di contro, la società “madre” non residente presentò autonoma istanza di rimborso e avversoil “silenzio-rifiuto” dell’Amministrazione finanziaria presentò ricorso alla competente Corte di Giustizia Tributaria di I grado che lo respinse in primis per il “ritardo” nella produzione della documentazione, ex art. 27-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, rispetto alla data di distribuzione dei dividendi, così confermando la tesi della “tardività” già rilevata dall’Amministrazione finanziaria ed ancora sulla scorta del fatto che la “madre” comunitaria nonaveva dimostrato per l’anno di riferimento il pagamento delle imposte sui redditi nello Stato di residenza. In sede di appello la società riportava analogo esito negativo per cui propose ricorso per cassazione. In merito alla fattispecie in rassegna posta all’attenzione dei giudici di legittimità è stato osservatoche, contrariamente da quanto ritenuto
dall’Amministrazione finanziaria, la tardiva trasmissione,tra la documentazione inoltrata dalla società “madre” alla società “figlia” domestica, del certificato dell’Autorità fiscale estera non pregiudica il diritto della società “madre” all’esenzione dall’applicazione delle ritenute sui dividendi di fonte italiana laddove ne sussistono i presupposti (i.e. art. 27-bis del D.P.R. n. 600/1973). Con particolare riguardo alla previsione contenuta nel successivo comma 3 del citato art. 27-bis, che sancisce il requisito della preventività della documentazione de qua, si precisa, invece, che la stessa è stata riconosciuta quale previsione nell’interesse della società “figlia” in qualità di sostituto d’imposta, significando che viene data a tale società la possibilità (i.e. facoltà) di applicare
direttamente il beneficio dell’esenzione della ritenuta d’imposta anche in presenza della documentazione della società “madre” attestante il possesso dei requisiti di legge e in assenza della certificazione della residenza fiscale dell’Autorità estera la quale può pervenire in tempi successivi, facendo cadere in tal modo ogni responsabilità sulla società “figlia”, proprie dei sostituti d’imposta, qualora si accerti ex post la mancanza dei requisiti per l’applicazione dell’esenzione in parola13. In conclusione, i giudici di legittimità nell’accogliere
l’originaria domanda di rimborso delle ritenute formulata dalla società “madre”, ha fornito i seguenti principi di diritto di assoluto rilievo, sia con riferimento alla tempistica di acquisizione della certificazione estera da parte del sostituto d’imposta residente, sia con riguardo al requisito dell’assoggettamento a tassazione nello Stato di residenza della società “madre” comunitaria beneficiaria dei dividendi:
- l’acquisizione, oltre il termine di cui al comma 3-ter dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973, della certificazione di residenza dell’Autorità fiscale estera,circa la sussistenza del requisito dell’art. 27-bis,comma 1, lett. c), del citato decreto, utile per beneficiare dell’esenzione della ritenuta d’impostasui dividendi distribuiti dalla società “figlia” residente, non preclude il diritto alla società “madre” ad agire per il rimborso della ritenuta versata dalla “figlia” italiana, allorché detta certificazione sia idonea a dimostrare la sussistenza del predetto requisito al tempo del pagamento dei dividendi (rectius “ora per allora”);
- ai fini della prova del requisito di cui al menzionatoart. 27-bis, comma 1, lett. c), del citato decreto, inrelazione alla richiesta di applicazione dell’esenzione dalla ritenuta d’imposta di cui al comma 3 dell’art. 27-bis del D.P.R. n. 600/1973, è sufficiente che la certificazione dell’Autorità fiscale estera attesti l’assoggettabilità di carattere generale della società alle imposte sul reddito nello Stato di residenza, senza usufruire di regimi di esonero, da intendersi come soddisfatta indipendentemente dalla circostanza dell’avvenuto pagamento nel periodo di riferimento per effetto del godimento di fatto, di agevolazionicomunquecompatibilicon la normativa unionale.
Direttiva 435/1990 c.d. madre-figlia, da cui consegue l’applicazione dell’esenzione della ritenuta fiscale a titolo d’imposta, alla controllata domestica fu contestata l’erronea applicazione dell’art. 27-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, che ha recepito nell’ordinamento interno la Direttiva in parola, sulla scorta che la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dei benefici previsti dalla predetta Direttiva era stata rilasciata solo in data successiva (25 marzo 2010) a quella di effettivo pagamento dei dividendi (14 dicembre 2019). La società “figlia” definì in adesione il conseguente avviso di accertamento
mediante versamento di quanto determinato in tale sede.
Di contro, la società “madre” non residente presentò autonoma istanza di rimborso e avversoil “silenzio-rifiuto” dell’Amministrazione finanziaria presentò ricorso alla competente Corte di Giustizia Tributaria di I grado che lo respinse in primis per il “ritardo” nella produzione della documentazione, ex art. 27-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, rispetto alla data di distribuzione dei dividendi, così confermando la tesi della “tardività” già rilevata dall’Amministrazione finanziaria ed ancora sulla scorta del fatto che la “madre” comunitaria nonaveva dimostrato per l’anno di riferimento il pagamento delle imposte sui redditi nello Stato di residenza. In sede di appello la società riportava analogo esito negativo per cui propose ricorso per cassazione. In merito alla fattispecie in rassegna posta all’attenzione dei giudici di legittimità è stato osservatoche, contrariamente da quanto ritenuto
dall’Amministrazione finanziaria, la tardiva trasmissione,tra la documentazione inoltrata dalla società “madre” alla società “figlia” domestica, del certificato dell’Autorità fiscale estera non pregiudica il diritto della società “madre” all’esenzione dall’applicazione delle ritenute sui dividendi di fonte italiana laddove ne sussistono i presupposti (i.e. art. 27-bis del D.P.R. n. 600/1973). Con particolare riguardo alla previsione contenuta nel successivo comma 3 del citato art. 27-bis, che sancisce il requisito della preventività della documentazione de qua, si precisa, invece, che la stessa è stata riconosciuta quale previsione nell’interesse della società “figlia” in qualità di sostituto d’imposta, significando che viene data a tale società la possibilità (i.e. facoltà) di applicare
direttamente il beneficio dell’esenzione della ritenuta d’imposta anche in presenza della documentazione della società “madre” attestante il possesso dei requisiti di legge e in assenza della certificazione della residenza fiscale dell’Autorità estera la quale può pervenire in tempi successivi, facendo cadere in tal modo ogni responsabilità sulla società “figlia”, proprie dei sostituti d’imposta, qualora si accerti ex post la mancanza dei requisiti per l’applicazione dell’esenzione in parola13. In conclusione, i giudici di legittimità nell’accogliere
l’originaria domanda di rimborso delle ritenute formulata dalla società “madre”, ha fornito i seguenti principi di diritto di assoluto rilievo, sia con riferimento alla tempistica di acquisizione della certificazione estera da parte del sostituto d’imposta residente, sia con riguardo al requisito dell’assoggettamento a tassazione nello Stato di residenza della società “madre” comunitaria beneficiaria dei dividendi:
- l’acquisizione, oltre il termine di cui al comma 3-ter dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973, della certificazione di residenza dell’Autorità fiscale estera,circa la sussistenza del requisito dell’art. 27-bis,comma 1, lett. c), del citato decreto, utile per beneficiare dell’esenzione della ritenuta d’impostasui dividendi distribuiti dalla società “figlia” residente, non preclude il diritto alla società “madre” ad agire per il rimborso della ritenuta versata dalla “figlia” italiana, allorché detta certificazione sia idonea a dimostrare la sussistenza del predetto requisito al tempo del pagamento dei dividendi (rectius “ora per allora”);
- ai fini della prova del requisito di cui al menzionatoart. 27-bis, comma 1, lett. c), del citato decreto, inrelazione alla richiesta di applicazione dell’esenzione dalla ritenuta d’imposta di cui al comma 3 dell’art. 27-bis del D.P.R. n. 600/1973, è sufficiente che la certificazione dell’Autorità fiscale estera attesti l’assoggettabilità di carattere generale della società alle imposte sul reddito nello Stato di residenza, senza usufruire di regimi di esonero, da intendersi come soddisfatta indipendentemente dalla circostanza dell’avvenuto pagamento nel periodo di riferimento per effetto del godimento di fatto, di agevolazionicomunquecompatibilicon la normativa unionale.
Considerazioni conclusive
Quanto emerge dai principi dei giudici appare di sicuro ausilio in tutte le ipotesi in cui in sede di verifiche fiscali e/o controlli specifici venga rilevata l’assenza della certificazione dell’Autorità fiscale estera da parte del sostituto d’imposta residente, che in possesso della restante documentazione che attesti i presupposti per l’applicazione dei benefici pattizi e/o da “Direttive” si sia avvalso della facoltà di applicare direttamente e sotto la propria responsabilità le relative disposizioni, fermo restando l’obbligo del medesimo di acquisire ed esibire ex post a richiesta dell’Amministrazione finanziaria le richiamate certificazioni estere attestanti la sussistenza per il beneficiario dei requisiti richiesti sin dall’origine ovvero al tempo del pagamento dei redditi di fonte italiana. Al riguardo, giova segnalare che la Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 25 luglio 2018, causa C-553/16 ha dichiarato incompatibili con il diritto comunitario le legislazioni nazionali che impongono condizioni per l’accesso alle Convenzioni eccessivamente gravose, facendo proprio riferimento al caso delle certificazioni finalizzate all’applicazione diretta dei Trattati14, senza contare che come supra fatto cenno nel contesto degli Accordi bilaterali non sussiste alcun obbligo espresso di acquisizione preventiva della documentazione de qua, le cui richieste imposte dalla prassi amministrativa sembrano ora superate, alla luce dell’esaminata sentenza, anche per le richiamate Direttive UE che, invece, prevedono espressamente la preventiva acquisizione della documentazione entro la data del pagamento.
Note:
1. In proposito, si segnala che il Provvedimento direttoriale del 10
luglio 2013, prot. n. 84404, con cui sono stati approvati i nuovi
modelli standardizzati per il rimborso o l’esonero dell’imposta
nazionale sui redditi corrisposti ai soggetti non residenti in base
alle disposizioni pattizie più favorevoli, prevede che ai fini
dell’applicazione diretta della Convenzione l’attestazione
dell’Autorità fiscale estera contenuta nel (N.d.R. riquadro) del
modello ha validità a decorrere dalla data di rilascio fino al
termine del periodo d’imposta indicato nel predetto modello,
sempre che le condizioni ivi dichiarate permangono per la durata
del medesimo periodo. Da tale indicazione, ne discende che per
l’Amministrazione finanziaria eventuali pagamenti anteriori alla
data del rilascio della già menzionata attestazione non legittima
l’applicazione della disposizione pattizia più favorevole.
2. L’istanza di rimborso per l’imposta già prelevata, corredata dalla
documentazione completa comprovante il diritto al rimborso,
deve essere presentata al Centro Operativo di Pescara dell’A.E.
competente per materia, entro 48 mesi decorrenti dalla data del
prelevamento. Il rimborso dell’imposta è ammesso nella misura
massima pari alla differenza tra l’aliquota applicata e quella
minore prevista dalla Convenzione, ovvero nella misura integrale
nel caso in cui la tassazione spetta in via esclusiva al Paese di
residenza del beneficiario del reddito (esempio: reddito d’impresa
in assenza di una stabile organizzazione in Italia).
3. Adire il vero, in parte contestato da alcune Autorità fiscali estere
che non accettano i modelli proposti in quanto frutto di un’elaborazione
unilaterale da parte dell’Agenzia delle entrate,
ovvero non condivisa con le Autorità fiscali estere.
4. Per un approfondimento si rimanda, tra gli altri, a A. Veneruso,
“Convenzioni contro le doppie imposizioni: i modelli standardizzati
delle entrate”, in Azienda & Fisco, n. 2/2014.
5. In merito, si vedano, tra le altre, la R.M. del 10 giugno 1999, n.
95/E, risoluzione 24 settembre 2003, n. 183 e Provvedimento
Direttore entrate n. 84404/2013, di cui sopra.
6. Giusta Direttiva del Consiglio 90/435/CEE del 23 luglio 1990
(Direttiva madre-figlia), recepita nell’ordinamento interno dall’art.
27-bis del D.P.R. n. 600/1973 e Direttiva del Consiglio
2003/49/CE del 3 giugno 2003 (c.d. interessi e royalties), recepita
nell’ordinamento interno dall’art. 26-quater del D.P.R. n.
600/1973.
7. Si vedano in merito, le “Istruzioni per la compilazione del
Modello E - Applicazione del regime “madre-figlia” Direttiva
90//435/CEE, di cui al Provvedimento direttoriale n. 84404/
2013, di cui sopra.
8. Accordo integralmente sostituito dal Protocollo di modifica
approvato con Decisione UE dell’8 dicembre 2015, n. 2400,
pubblicata in G.U.U.E. del 19 dicembre 2015, n. L333/12.
9. Giova ricordare che tale Accordo tra la UE e la Confederazione
elvetica non ha necessitato di un recepimento nazionale e,
quindi, è entrato direttamente in vigore secondo le modalità
stabilite nel Trattato, così come evidenziato dalla risoluzione A.
E. del 10 maggio 2007, n. 93/E.
10. Per ulteriori approfondimenti si rimanda, tra gli altri, al precedente
intervento sul tema - “Dividendi: requisiti per la tassazione
agevolata per la distribuzione in uscita verso holding e fondi
svizzeri”, A. Veneruso, in Fiscalità & Commercio internazionale,
n. 11/2021.
11. In tal senso, si veda G. Rolle, Fiscalità Internazionale e dei Gruppi,
Cap. 8, Giuffrè Francis Lefebvre Editore.
12. Il caso di specie ha avuto ad oggetto l’esame delle condizioni per
il rimborso delle imposte assolte dal lavoratore distaccato negli
EAU ed ivi residente, confermando in primis che l’espressione
liable to tax richiesta dal Trattato risulta verificata anche in assenza
di un’imposta analoga all’IRPEF negli EAU. Ciò in quanto, ai
fini convenzionali è sufficiente la generale soggezione del contribuente
residente al potere impositivo dello Stato, non essendo
necessario attestare il concreto prelievo nel citato Stato in cui si
ha la residenza fiscale.
13. Nel caso di specie e similari, non è ultroneo sottolineare che data
la ristrettezza dei tempi intercorrenti tra la data di approvazione
della delibera di distribuzione dei dividendi coincidente con gli
ultimi giorni dell’anno e il loro pagamento eseguito sempre
entro la fine del medesimo anno, si vanificherebbe l’esercizio
del diritto sia dell’applicazione del regime di esenzione delle
ritenute che della richiesta di rimborso delle stesse, tenuto conto
che i tempi tecnici richiesti dalle Autorità fiscali per il rilascio del
certificato difficilmente consentono di acquisirlo in tempi brevi.
Da ciò possiamo desumere che opinando in tal senso ogni
delibera di distribuzione di dividendi alla casa “madre” e/o
disposizione di pagamenti di interessi, royalties, ecc. cross-border
che potrebbero beneficiare delle più favorevoli disposizioni
recate dalle Direttive “madre-figlia”, “Interessi e Canoni” o
pattizie, qualora i relativi eventi e pagamenti si verifichino in
prossimità di “chiusura d’anno” sarebbero di default esclusi dalle
disposizioni agevolative appena richiamate, poiché difficilmente
il sostituto d’imposta domestico riuscirebbe ad entrare in possesso
della certificazione estera prima del pagamento, per carenza
dei tempi tecnici necessari al rilascio della medesima, pur in
presenza della documentazione del beneficiario effettivo attestante
il possesso dei requisiti (i.e. da Direttive UE e/o pattizi).
14. In tal senso si veda L. Corso - G. Odetto, “Certificazioni
tardive al bivio delle contestazioni”, in Euteke.info del 7 gennaio
2020.