L’approfondimento: L’Agenzia delle entrate con la recente risposta ad interpello n. 233 del 28 aprile 2022, si è occupata dell’ipotesi dei c.d. secondary adjustment in materia di transfer pricing, con particolare riguardo al trattamento fiscale del rimborso di un finanziamento figurativo, originato da un c.d. secondary adjustment, concludendo per l’irrilevanza fiscale del provento sia ai fini IRES che IRAP.
Con il richiamato documento di prassi n. 233/E/2022 l’Agenzia delle entrate è intervenuta per la prima volta sulle c.d. rettifiche secondarie in materia dei prezzi di trasferimenti, concludendo per il caso di specie per l’irrilevanza fiscale del rimborso del finanziamento figurativo.
Giova preliminarmente evidenziare che è singolare osservare come l’Ufficio nel rendere il parere nella risposta de qua, contrariamente alla prassi normalmente adottata negli interpelli, non ha effettuo la rituale disamina normativa partendo dal richiamo alla disposizione internazionale da cui traggono origine le riprese operate a seguito di rettifiche secondarie né alla (inesistente) disposizione domenica che avrebbe, a suo tempo, legittimato l’Ufficio alla rettifica da cui ne è scaturito il finanziamento figurativo (i.e. occulto oggetto di rimborso, ma pone l’attenzione soltanto sulla fiscalità della emergente sopravvenienza attiva che discende a seguito del richiamato rimborso del finanziamento in parola. Prima di vedere più da vicino la risposta n. 233/2022 oggetto della presente disamina, pare doveroso esaminare la disciplina dai cui traggono origine i c.d. secondary adjustment in materia di transfer pricing.
Giova preliminarmente evidenziare che è singolare osservare come l’Ufficio nel rendere il parere nella risposta de qua, contrariamente alla prassi normalmente adottata negli interpelli, non ha effettuo la rituale disamina normativa partendo dal richiamo alla disposizione internazionale da cui traggono origine le riprese operate a seguito di rettifiche secondarie né alla (inesistente) disposizione domenica che avrebbe, a suo tempo, legittimato l’Ufficio alla rettifica da cui ne è scaturito il finanziamento figurativo (i.e. occulto oggetto di rimborso, ma pone l’attenzione soltanto sulla fiscalità della emergente sopravvenienza attiva che discende a seguito del richiamato rimborso del finanziamento in parola. Prima di vedere più da vicino la risposta n. 233/2022 oggetto della presente disamina, pare doveroso esaminare la disciplina dai cui traggono origine i c.d. secondary adjustment in materia di transfer pricing.
Transfer pricing - secondary adjustment
Le Linee Guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e Amministrazioni fiscali1, anche nella versione aggiornata al 2022, trattano delle rettifiche secondarie o secondary adjustment al Cap. IV - par. C dal n. 4.68 al n. 4.78.
In tale documento, si evidenzia preliminarmente che le rettifiche corrispondenti che possono scaturire da una rettifica primaria del prezzo di trasferimento modificano la ripartizione degli utili di un gruppo multinazionale ai fini fiscali, ma non alterano il fatto che gli utili in eccesso corrispondenti alla rettifica non siano conformi al risultato che sarebbe stato ottenuto se le transazioni controllate fossero state attuate in condizioni di libera concorrenza. Il vantaggio de quo può essere eliminato attraverso un aggiustamento secondario costituito da quella rettifica che consegue ad “una rettifica primaria” e che attiene a una transazione che alcuni Paesi considerano occulta, in base alla loro normativa interna, al fine di rendere coerente l’allocazione effettiva degli utili con la rettifica primaria. Più in dettaglio, i secondary adjustment hanno il precipuo scopo di riportare le imprese associate, poniamo A e B, nella situazione finanziaria in cui si sarebbero trovate qualora le operazioni infragruppo fossero state ab origine at arm’s length, in quanto di fatto il denaro che rappresenta il profitto oggetto dell’aggiustamento primario si trova ancora nelle mani dell’impresa B. In particolare, attraverso i secondary adjustment, la giurisdizione che effettua la rettifica primaria intende rimuovere oltre agli effetti economici dell’operazione non at arm’s length anche le conseguenti ricadute finanziarie e, pertanto, considera che tra le imprese sia intervenuta un’ulteriore operazione (occulta) che a seconda dei casi, viene qualifica come distribuzione di dividendi, pagamento di royalties o erogazione di un finanziamento con ulteriori conseguenze fiscali. Il commentario OCSE all’art. 9 par.2 e il par. 4.71 delle citate Linee Guida TP OCSE, chiariscono che tale articolo non tratta delle rettifiche secondarie, ma non vieta che siffatto adeguamento secondario possa essere effettuato, rinviando alla legislazione domestica la decisione se prevederli o meno quando siano consentiti dal diritto interno di uno Stato contraente. In proposito, si evidenzia che alcuni Paesi, che pur avendo adottato specifiche norme per consentire i secondary adjustment offrono al contribuente, sottoposto ad una rettifica primaria, l’opzione di evitare tale ulteriore rettifica mediante il rimpatrio degli utili eccedenti (i.e. quantum pagato in eccesso al valore di mercato), al fine di conformare la propria contabilità alla rettifica primaria.
In tale documento, si evidenzia preliminarmente che le rettifiche corrispondenti che possono scaturire da una rettifica primaria del prezzo di trasferimento modificano la ripartizione degli utili di un gruppo multinazionale ai fini fiscali, ma non alterano il fatto che gli utili in eccesso corrispondenti alla rettifica non siano conformi al risultato che sarebbe stato ottenuto se le transazioni controllate fossero state attuate in condizioni di libera concorrenza. Il vantaggio de quo può essere eliminato attraverso un aggiustamento secondario costituito da quella rettifica che consegue ad “una rettifica primaria” e che attiene a una transazione che alcuni Paesi considerano occulta, in base alla loro normativa interna, al fine di rendere coerente l’allocazione effettiva degli utili con la rettifica primaria. Più in dettaglio, i secondary adjustment hanno il precipuo scopo di riportare le imprese associate, poniamo A e B, nella situazione finanziaria in cui si sarebbero trovate qualora le operazioni infragruppo fossero state ab origine at arm’s length, in quanto di fatto il denaro che rappresenta il profitto oggetto dell’aggiustamento primario si trova ancora nelle mani dell’impresa B. In particolare, attraverso i secondary adjustment, la giurisdizione che effettua la rettifica primaria intende rimuovere oltre agli effetti economici dell’operazione non at arm’s length anche le conseguenti ricadute finanziarie e, pertanto, considera che tra le imprese sia intervenuta un’ulteriore operazione (occulta) che a seconda dei casi, viene qualifica come distribuzione di dividendi, pagamento di royalties o erogazione di un finanziamento con ulteriori conseguenze fiscali. Il commentario OCSE all’art. 9 par.2 e il par. 4.71 delle citate Linee Guida TP OCSE, chiariscono che tale articolo non tratta delle rettifiche secondarie, ma non vieta che siffatto adeguamento secondario possa essere effettuato, rinviando alla legislazione domestica la decisione se prevederli o meno quando siano consentiti dal diritto interno di uno Stato contraente. In proposito, si evidenzia che alcuni Paesi, che pur avendo adottato specifiche norme per consentire i secondary adjustment offrono al contribuente, sottoposto ad una rettifica primaria, l’opzione di evitare tale ulteriore rettifica mediante il rimpatrio degli utili eccedenti (i.e. quantum pagato in eccesso al valore di mercato), al fine di conformare la propria contabilità alla rettifica primaria.
Esemplificazione
Ai fini di rendere più concreto tale concetto si procede alla seguente esemplificazione, considerando due imprese associate, in cui la prima società A sia residente in Italia ed abbia pagato euro 10 milioni per i prodotti forniti dalla società collegata B residente in Francia. A fronte di tale transazione, con una rettifica primaria, il prezzo di trasferimento intercompany è stato rideterminato in 8 milioni di euro, pari al prezzo che a condizioni di libero mercato sarebbe stato pagato per gli stessi prodotti da terze parti indipendenti. Infatti, a seguito di accertamento in capo alla società A, l’Amministrazione finanziaria, in base alla legislazione domestica sui prezzi di trasferimento (rettifica primaria) ha adeguato il prezzo pagato, in quanto ritenuto non conforme all’arm’s length principle e per rimuovere il vantaggio fiscale alla società A ha calcolato i suoi utili imponibili sulla base del prezzo pagato per i prodotti per solo per 8 milioni di euro, ovvero riconoscendo una minore deduzione dal reddito per tale minore importo, aumentando in tal modo i profitti della società A di 2 milioni di euro. Tuttavia, l’adeguamento primario appena descritto non tiene conto del vantaggio finanziario ottenuto dal mantenimento dei 2 milioni di euro da parte della società francese B. Però, nell’ipotesi in cui nella legislazione italiana vi fosse stata una specifica previsione normativa, così come previsto per la fattispecie della rettifica primaria2 o per le rettifiche corrispondenti3, questo beneficio finanziario poteva essere rimosso a seguito di un adeguamento secondario o secondary adjustment4.
Pertanto, in caso affermativo (i.e. specifica previsione nella legislazione fiscale domestica), si sarebbe potuto dare corso anche ad una rettifica secondaria e, quindi, l’eccedenza di profitto scaturente dall’accertamento primario (i.e. dazio di denaro), non più coerente con le scritture contabili, potrebbe essere considerato fittiziamente trasferito all’altra impresa sotto altra causa, tra l’altro, come un finanziamento occulto con conseguente tassazione5. L’approccio del prestito occulto fruttifero, come nel caso del documento di prassi in disamina, ha impatto non soltanto sull’anno in cui si riferisce la rettifica primaria ma anche negli anni successivi e fino a quando il prestito non si considera rimborsato. Sull’interesse che matura sul prestito ritenuto in linea con il principio di libera concorrenza, l’applicazione delle ritenute deve tener conto delle più favorevoli condizioni pattizie. Dalla descritta esemplificazione ne possiamo ricaviamo due principi fondamentali per la tematica in disamina, ovvero che per poter procedere con una rettifica secondaria è in primis necessario che nella legislazione domestica vi sia una specifica norma che autorizzi l’Amministrazione finanziaria ad effettuare, in caso di una rettifica principale definitiva in materia di prezzi di trasferimento, (anche) una rettifica secondaria, in
quanto diversamente operando verrebbe a mancare ab origine il supporto giuridico della rettifica de qua, ovvero la “norma violata” cui ancorare tale ulteriore rettifica secondaria, rendendola in diritto del tutto illegittima. Nel caso dell’Italia, quindi, alla luce di quanto sopra ne dovrebbe chiaramente conseguire che qualsiasi contestazione in materia di secondary adjustment sarebbe considerata nulla o annullabile per l’assenza di una norma impositiva sostanziale idonea a conseguire tale effetto (i.e. assenza di “norma violata”)6. Analoghe considerazioni valgono anche per le sanzioni, la cui applicazione risulterebbe in contrasto con lo Statuto del contribuente che non ne consente l’applicazione in ipotesi di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria7.
Pertanto, in caso affermativo (i.e. specifica previsione nella legislazione fiscale domestica), si sarebbe potuto dare corso anche ad una rettifica secondaria e, quindi, l’eccedenza di profitto scaturente dall’accertamento primario (i.e. dazio di denaro), non più coerente con le scritture contabili, potrebbe essere considerato fittiziamente trasferito all’altra impresa sotto altra causa, tra l’altro, come un finanziamento occulto con conseguente tassazione5. L’approccio del prestito occulto fruttifero, come nel caso del documento di prassi in disamina, ha impatto non soltanto sull’anno in cui si riferisce la rettifica primaria ma anche negli anni successivi e fino a quando il prestito non si considera rimborsato. Sull’interesse che matura sul prestito ritenuto in linea con il principio di libera concorrenza, l’applicazione delle ritenute deve tener conto delle più favorevoli condizioni pattizie. Dalla descritta esemplificazione ne possiamo ricaviamo due principi fondamentali per la tematica in disamina, ovvero che per poter procedere con una rettifica secondaria è in primis necessario che nella legislazione domestica vi sia una specifica norma che autorizzi l’Amministrazione finanziaria ad effettuare, in caso di una rettifica principale definitiva in materia di prezzi di trasferimento, (anche) una rettifica secondaria, in
quanto diversamente operando verrebbe a mancare ab origine il supporto giuridico della rettifica de qua, ovvero la “norma violata” cui ancorare tale ulteriore rettifica secondaria, rendendola in diritto del tutto illegittima. Nel caso dell’Italia, quindi, alla luce di quanto sopra ne dovrebbe chiaramente conseguire che qualsiasi contestazione in materia di secondary adjustment sarebbe considerata nulla o annullabile per l’assenza di una norma impositiva sostanziale idonea a conseguire tale effetto (i.e. assenza di “norma violata”)6. Analoghe considerazioni valgono anche per le sanzioni, la cui applicazione risulterebbe in contrasto con lo Statuto del contribuente che non ne consente l’applicazione in ipotesi di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria7.
Rischio di doppia imposizione
Non possiamo non ricordare che le richiamate Linee Guida TP OCSE evidenziano ancora come una rettifica secondaria possa comportare conseguenze in termini di doppia imposizione se l’altro Paese non accorda un credito d’imposta o un’altra forma di sgravio come, ad esempio, un’esenzione per l’ulteriore obbligazione tributaria derivante da tale ultima rettifica. Orbene, nel caso dell’Italia tale rischio è molto alto, atteso che come supra evidenziato in assenza di una specifica norma interna, l’Amministrazione finanziaria non può procedere ad effettuare dette rettifiche secondarie e, quindi, non potrebbe consentire l’eliminazione della doppia imposizione qualora in un’ipotesi “a specchio” la rettifica secondaria fosse stata effettuata nell’altro Paese nei confronti dell’impresa associata che ha intrattenuto la transazione economica con l’impresa domestica. Al riguardo, giova ricordare che anche il Joint Transfer Pricing Forum della Commissione europea si è interessato alla tematica in disamina nel corso dei lavori del 2011, rilevando in un questionario la posizione al riguardo di ogni singolo Paese8.
L’Italia, alla specifica domanda di avere (o meno) una legislazione nazionale che consente gli aggiustamenti secondari e/o linee guida amministrative (interne) sulla loro attuazione, ha risposto in senso negativo. Analoga risposta è stata data alla domanda se vi fossero leggi e/o linee guida in esame9. A fortiori, giova segnalare che anche Assonime nel suo documento Note e Studi n. 9/2014, evidenzia, in sintesi, che l’Amministrazione finanziaria non procede ad effettuare le rettifiche secondarie e che ha fatto apporre al documento del JTPF del 2013 una “riserva” con cui sottolinea che l’Italia non ha disposizioni interne (N.d. R. tutt’ora) su tali rettifiche secondarie e che, in punto di principio, non concede detrazioni per le ritenute che derivano dalle rettifiche de qua fatte da un altro Stato membro che comportano una doppia imposizione.
L’Italia, alla specifica domanda di avere (o meno) una legislazione nazionale che consente gli aggiustamenti secondari e/o linee guida amministrative (interne) sulla loro attuazione, ha risposto in senso negativo. Analoga risposta è stata data alla domanda se vi fossero leggi e/o linee guida in esame9. A fortiori, giova segnalare che anche Assonime nel suo documento Note e Studi n. 9/2014, evidenzia, in sintesi, che l’Amministrazione finanziaria non procede ad effettuare le rettifiche secondarie e che ha fatto apporre al documento del JTPF del 2013 una “riserva” con cui sottolinea che l’Italia non ha disposizioni interne (N.d. R. tutt’ora) su tali rettifiche secondarie e che, in punto di principio, non concede detrazioni per le ritenute che derivano dalle rettifiche de qua fatte da un altro Stato membro che comportano una doppia imposizione.
Circolare AdE 26 novembre 2021, n. 15/E - Documentazione idonea - Transfer pricing
Giova brevemente ricordare che recentemente sono state introdotte in Italia le linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 110, comma 7, del T.U.I.R. in materia di prezzi di trasferimento, in attuazione al Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 14 maggio 2018, il cui art. 8 prevede che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate siano aggiornate, in linea con le migliori pratiche internazionali, le disposizioni relative alla documentazione in materia di prezzi di trasferimento (i.e. TPDoc). L’aggiornamento de qua è stato effettuato con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 23 novembre 2020, prot. n. 2020/36049410 che ha allineato i requisiti in base ai quali la documentazione predisposta dal contribuente si considera idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza delle condizioni e dei prezzi di trasferimento, recependo di fatto le Azioni del progetto BEPS11. Volendo esulare in questa sede da ogni ulteriore analisi del già menzionato provvedimento direttoriale, si vuole porre però l’attenzione alla parte del documento de quo che pare avere un diretto collegamento con la tematica oggetto della presente disamina. Più in dettaglio, il riferimento è alla “Sezione 2.1 - Operazioni di tipo 1 2.1.1 Descrizione delle operazioni” laddove si prevede espressamente che dovrà essere fornita successivamente, tra l’altro, la descrizione dell’ammontare dei pagamenti effettuati e/o ricevuti per prodotti, servizi, royalties, interessi ecc., suddivisi per ciascuna categoria di operazioni e per ciascuna giurisdizione fiscale
del pagatore o del beneficiario non residente. Per meglio chiarire tale concetto, l’Agenzia delle entrate con la circolare del 26 novembre 202112 (circolare TPDoc), ha precisato che il riferimento all’ammontare dei “pagamenti effettuati e/o ricevuti” di cui sopra, è principalmente funzionale all’acquisizione di elementi informativi attinenti al valore attribuito dalle parti alle operazioni intercompany. Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ritiene che in tale paragrafo il contribuente debba in concreto fornire l’ammontare dei componenti positivi o negativi di reddito che hanno concorso alla formazione del reddito d’impresa nell’esercizio di competenza, anche per le operazioni aventi a oggetto royalties e interessi passivi.
Per tali ultime operazioni, però al fine di poter valutare l’applicazione delle aliquote convenzionali sul valore delle royalties e degli interessi che eccede quello di libera concorrenza, ex art. 25, comma 4, D.P.R. n. 600/1973 ovvero dell’art. 26-quater, comma 5, del medesimo decreto, si richiede al contribuente un ulteriore effort ovvero di fornire in sede di controllo o di altra attività istruttoria (i.e. questionari) l’ammontare dei pagamenti effettuati (e non anche di quelli ricevuti) anche secondo il diverso criterio di cassa. Preliminarmente, non si può non osservare come sia il richiamato provvedimento del 2020 che la circolare n. 15/E/2021 non forniscono alcun riferimento alla ratio sottostante l’obbligo di fornire per i soli pagamenti effettuati per royalties e interessi i relativi ammontare secondo il principio di cassa. A parere di chi scrive, appare chiaro che il maggior valore attribuito alle royalties e agli interessi passivi a seguito di una rettifica primaria dei prezzi di trasferimento (primary adjustment) operata ex art. 110, comma 7, del T.U.I.R., nelle intenzioni dell’Amministrazione finanziaria pare essere quello di sottoporlo a tassazione mediante applicazione della relativa ritenuta d’imposta domestica (30%), come una nuova transazione fittizia di pari genere attraverso il c.d. secondary adjustment, pur in assenza di una norma impositiva interna idonea a tale effetto13. In tal caso, come già rilevato in precedenza dalla dottrina14, al di là della contraddittorietà di tale modus operandi (i.e. prassi) dell’Agenzia delle entrate con la risposta al questionario del JTPF15, resterebbe il fatto che l’eccedenza (i.e. valore) derivante da una rettifica primaria di transfer pricing se costituisse un trasferimento di ricchezza o di base imponibile a favore di un soggetto estero, non potrebbe di sicuro essere ricondotta alla fattispecie delle royalties o di interessi passivi. Infatti, nella ricostruzione della ratio della disciplina in disamina viene in rilievo senza ombra di dubbio che il trasferimento di ricchezza si caratterizza proprio per l’assenza di un corrispettivo dovuto per una transazione commerciale e, quindi, per la conseguente impossibilità di ricondurlo alla medesima categoria reddituale a cui è afferente il valore di libera concorrenza del corrispettivo pattuito per la transazione oggetto della rettifica principale, trattandosi, più propriamente di una datio in denaro che non potrà che trovare un’altra giustificazione.
del pagatore o del beneficiario non residente. Per meglio chiarire tale concetto, l’Agenzia delle entrate con la circolare del 26 novembre 202112 (circolare TPDoc), ha precisato che il riferimento all’ammontare dei “pagamenti effettuati e/o ricevuti” di cui sopra, è principalmente funzionale all’acquisizione di elementi informativi attinenti al valore attribuito dalle parti alle operazioni intercompany. Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ritiene che in tale paragrafo il contribuente debba in concreto fornire l’ammontare dei componenti positivi o negativi di reddito che hanno concorso alla formazione del reddito d’impresa nell’esercizio di competenza, anche per le operazioni aventi a oggetto royalties e interessi passivi.
Per tali ultime operazioni, però al fine di poter valutare l’applicazione delle aliquote convenzionali sul valore delle royalties e degli interessi che eccede quello di libera concorrenza, ex art. 25, comma 4, D.P.R. n. 600/1973 ovvero dell’art. 26-quater, comma 5, del medesimo decreto, si richiede al contribuente un ulteriore effort ovvero di fornire in sede di controllo o di altra attività istruttoria (i.e. questionari) l’ammontare dei pagamenti effettuati (e non anche di quelli ricevuti) anche secondo il diverso criterio di cassa. Preliminarmente, non si può non osservare come sia il richiamato provvedimento del 2020 che la circolare n. 15/E/2021 non forniscono alcun riferimento alla ratio sottostante l’obbligo di fornire per i soli pagamenti effettuati per royalties e interessi i relativi ammontare secondo il principio di cassa. A parere di chi scrive, appare chiaro che il maggior valore attribuito alle royalties e agli interessi passivi a seguito di una rettifica primaria dei prezzi di trasferimento (primary adjustment) operata ex art. 110, comma 7, del T.U.I.R., nelle intenzioni dell’Amministrazione finanziaria pare essere quello di sottoporlo a tassazione mediante applicazione della relativa ritenuta d’imposta domestica (30%), come una nuova transazione fittizia di pari genere attraverso il c.d. secondary adjustment, pur in assenza di una norma impositiva interna idonea a tale effetto13. In tal caso, come già rilevato in precedenza dalla dottrina14, al di là della contraddittorietà di tale modus operandi (i.e. prassi) dell’Agenzia delle entrate con la risposta al questionario del JTPF15, resterebbe il fatto che l’eccedenza (i.e. valore) derivante da una rettifica primaria di transfer pricing se costituisse un trasferimento di ricchezza o di base imponibile a favore di un soggetto estero, non potrebbe di sicuro essere ricondotta alla fattispecie delle royalties o di interessi passivi. Infatti, nella ricostruzione della ratio della disciplina in disamina viene in rilievo senza ombra di dubbio che il trasferimento di ricchezza si caratterizza proprio per l’assenza di un corrispettivo dovuto per una transazione commerciale e, quindi, per la conseguente impossibilità di ricondurlo alla medesima categoria reddituale a cui è afferente il valore di libera concorrenza del corrispettivo pattuito per la transazione oggetto della rettifica principale, trattandosi, più propriamente di una datio in denaro che non potrà che trovare un’altra giustificazione.
Agenzia delle entrate - Risposta del 28 aprile 2022, n. 233
Cona la risposta n. 233/2022, l’Agenzia delle entrate si è occupata della fattispecie afferente al caso di un’impresa domestica che ha subito una rettifica primaria in materia di TP, pari al valore eccedente quello di libero mercato delle royalties passive corrisposte nell’ambito di una transazione con un’impresa associata non residente. La rettifica de qua è stata operata dal Fisco, ex art. 110, comma 7, del T.U.I.R. e successivamente, in sede di adesione/conciliazione le parti hanno definito in atti quanto segue:
- la parziale indeducibilità delle royalties in misura ridotta rispetto a quella contestata dai verificatori, in
quanto non conformi all’attuale valore di libera concorrenza;
- la riqualificazione ai fini soli fiscali delle royalties eccedenti il presunto valore normale come un
finanziamento fruttifero figurativo (i.e. occulto) erogato dalla società accertata alla controparte intercompany estera, che si qualifica come secondary adjustment, accertando i relativi interessi attivi.
La società, in accordo con la controparte, considerato che nell’ipotesi dei secondary adjustment, la transazione figurativa, costituita nel caso di specie da un prestito fruttifero occulto, che produce i sui effetti fiscali in termini di interessi fin quanto non si avrà il rimborso totale del prestito16, al fine di interrompere la maturazione periodica degli interessi figurativi intendeva procedere al rimborso del prestito de quo ed ha interpellato l’Amministrazione finanziaria per conoscere il suo parere in merito alla rilevanza fiscale o meno delle somme (rectius i “proventi”) derivanti dal rimborso.
- la parziale indeducibilità delle royalties in misura ridotta rispetto a quella contestata dai verificatori, in
quanto non conformi all’attuale valore di libera concorrenza;
- la riqualificazione ai fini soli fiscali delle royalties eccedenti il presunto valore normale come un
finanziamento fruttifero figurativo (i.e. occulto) erogato dalla società accertata alla controparte intercompany estera, che si qualifica come secondary adjustment, accertando i relativi interessi attivi.
La società, in accordo con la controparte, considerato che nell’ipotesi dei secondary adjustment, la transazione figurativa, costituita nel caso di specie da un prestito fruttifero occulto, che produce i sui effetti fiscali in termini di interessi fin quanto non si avrà il rimborso totale del prestito16, al fine di interrompere la maturazione periodica degli interessi figurativi intendeva procedere al rimborso del prestito de quo ed ha interpellato l’Amministrazione finanziaria per conoscere il suo parere in merito alla rilevanza fiscale o meno delle somme (rectius i “proventi”) derivanti dal rimborso.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Preliminarmente osserviamo che, come già anticipato in precedenza, l’Ufficio non opera alcun riferimento alla norma interna in ossequio della quale illo tempore è stato effettuato l’aggiustamento secondario da cui origina il prestito figurativo fruttifero oggetto dell’istanza d’interpello in rassegna, ma pone l’attenzione sugli effetti fiscali della sopravvenienza attiva che emergerà a conto economico a seguito del rimborso.
Al riguardo, tenuto conto che il prestito figurativo negli atti di adesione ha assunto rilevanza ai soli fini fiscali, ma non costituisce sul piano contabile un finanziamento riconosciuto e, quindi, non ha determinato alcuna iscrizione di attività finanziaria nel bilancio dell’istante, si ritiene che così come è stato riqualificato dall’Ufficio come una movimentazione finanziaria - componente di reddito (costo), allo stesso modo debba essere riqualificato il componente di reddito emergente (N.d.R. ricavo) a seguito della rettifica dello stesso fenomeno effettuata dalla società sul piano contabile. Conseguentemente, la restituzione delle royalties rispetto al valore di libera concorrenza, contabilizzata some sopravvenienza attiva, deve essere trattata sul piano fiscale come una movimentazione finanziaria.
Pertanto, considerato che la sopravvenienza attiva che sarà contabilizzata in bilancio tra gli “altri ricavi” (Voce A5-C.E.) riflette oneri imputati in esercizi precedenti ripresi a tassazione con contestuale riqualificazione ai (soli) fini fiscali delle somme a titolo di prestito figurativo, l’Ufficio è del parere che la sopravvenienza de qua sia fiscalmente irrilevante, in quanto anche in questo caso le somme corrispondenti (i.e. il prestito figurativo) devono
essere riqualificate, sempre sul piano fiscale, a titolo di movimentazione finanziaria (restituzione del prestito). Ad analoghe conclusioni si perviene anche ai fini IRAP, con l’irrilevanza del componente positivo emerso in sede contabile, proprio in virtù del fatto che ai fini fiscali, come per l’IRES, trattasi una movimentazione finanziaria.
Infine, in relazione al rimborso del prestito figurativo derivante dal secondary adjustment, l’Agenzia delle entrate ritiene che l’operazione come sopra descritta sia idonea ad interrompere la maturazione degli interessi figurativi.
Al riguardo, tenuto conto che il prestito figurativo negli atti di adesione ha assunto rilevanza ai soli fini fiscali, ma non costituisce sul piano contabile un finanziamento riconosciuto e, quindi, non ha determinato alcuna iscrizione di attività finanziaria nel bilancio dell’istante, si ritiene che così come è stato riqualificato dall’Ufficio come una movimentazione finanziaria - componente di reddito (costo), allo stesso modo debba essere riqualificato il componente di reddito emergente (N.d.R. ricavo) a seguito della rettifica dello stesso fenomeno effettuata dalla società sul piano contabile. Conseguentemente, la restituzione delle royalties rispetto al valore di libera concorrenza, contabilizzata some sopravvenienza attiva, deve essere trattata sul piano fiscale come una movimentazione finanziaria.
Pertanto, considerato che la sopravvenienza attiva che sarà contabilizzata in bilancio tra gli “altri ricavi” (Voce A5-C.E.) riflette oneri imputati in esercizi precedenti ripresi a tassazione con contestuale riqualificazione ai (soli) fini fiscali delle somme a titolo di prestito figurativo, l’Ufficio è del parere che la sopravvenienza de qua sia fiscalmente irrilevante, in quanto anche in questo caso le somme corrispondenti (i.e. il prestito figurativo) devono
essere riqualificate, sempre sul piano fiscale, a titolo di movimentazione finanziaria (restituzione del prestito). Ad analoghe conclusioni si perviene anche ai fini IRAP, con l’irrilevanza del componente positivo emerso in sede contabile, proprio in virtù del fatto che ai fini fiscali, come per l’IRES, trattasi una movimentazione finanziaria.
Infine, in relazione al rimborso del prestito figurativo derivante dal secondary adjustment, l’Agenzia delle entrate ritiene che l’operazione come sopra descritta sia idonea ad interrompere la maturazione degli interessi figurativi.
Considerazioni conclusive
L’Agenzia delle entrate, non poteva non concludere per l’irrilevanza fiscale del rimborso alla società domestica della somma afferente il prestito figurativo da secondary adjustment, altrimenti si sarebbe configurata l’ipotesi denegata dal sistema tributario domestico, vale a dire la doppia tassazione del medesimo componente reddituale, che nel caso di specie si sarebbe realizzato attraverso la ripresa a tassazione del valore delle royalties eccedente quello di mercato accertato in sede di rettifica primaria ed ancora con la tassazione del rimborso del medesimo valore eccedente, considerato prestito figurativo a seguito della rettifica secondaria (secondary adjustment) e oggetto di rimpatrio.
In proposito, si ricorda che l’art. 163 del T.U.I.R. - D.P.R. n. 917/1986, stabilisce il divieto di doppia imposizione dello stesso elemento reddituale e rappresenta un principio cardine del sistema tributario interno, che serve ad evitare che lo stesso reddito venga tassato più volte17. Inoltre, non possiamo non sottolineare ancora il disallineamento tra ciò che è stato affermato dall’Italia durante i lavori del JTPF, cioè di non applicare i secondary adjustment, in quanto non ha una norma di sistema su cui “appoggiare” tale rettifiche e quanto poi di fatto viene attuato dall’Amministrazione finanziaria che pare contravvenire a tale dichiarazione attraverso una prassi accertativa posta in essere dalle dipendenti articolazioni che di fatto procedono con l’effettuazione delle rettifiche secondarie, in special modo in sede di accertamento con adesione/conciliazione, così come per il caso oggetto della presente disamina18.
Tale prassi accertativa, sembra voler prendere ancora più vigore atteso che, come supra evidenziato, l’Agenzia delle entrate con la nuova circolare in materia di documentazione idonea al riscontro dei prezzi di trasferimento, richiede che i pagamenti di interessi e royalties devono essere rilevati (anche) secondo il criterio di cassa, al fine di valutare l’applicazione delle aliquote convenzionali sul valore che eccede quello di libera concorrenza. A parere di chi scrive, ciò non può che significare che al ricorre di tale fattispecie (i.e. emersione di un valore superiore a quello di mercato) l’Agenzia delle entrate potrebbe da qui in avanti operare sistematicamente oltre che una rettifica primaria anche un secondary adjustment.
Se abbiamo correttamente interpretato il pensiero dell’Amministrazione finanziaria, si è del parere che qualora questa prassi accertativa prendesse vigore, ci potremmo aspettare un nuovo filone di ricorsi19, in quanto allo stato dell’arte, come già evidenziato, non essendoci una norma di sistema, mancherebbe per tali contestazioni la fondamentale “norma violata”20, per la quale anche la richiamata circolare non opera alcun riferimento.
In proposito, si ricorda che l’art. 163 del T.U.I.R. - D.P.R. n. 917/1986, stabilisce il divieto di doppia imposizione dello stesso elemento reddituale e rappresenta un principio cardine del sistema tributario interno, che serve ad evitare che lo stesso reddito venga tassato più volte17. Inoltre, non possiamo non sottolineare ancora il disallineamento tra ciò che è stato affermato dall’Italia durante i lavori del JTPF, cioè di non applicare i secondary adjustment, in quanto non ha una norma di sistema su cui “appoggiare” tale rettifiche e quanto poi di fatto viene attuato dall’Amministrazione finanziaria che pare contravvenire a tale dichiarazione attraverso una prassi accertativa posta in essere dalle dipendenti articolazioni che di fatto procedono con l’effettuazione delle rettifiche secondarie, in special modo in sede di accertamento con adesione/conciliazione, così come per il caso oggetto della presente disamina18.
Tale prassi accertativa, sembra voler prendere ancora più vigore atteso che, come supra evidenziato, l’Agenzia delle entrate con la nuova circolare in materia di documentazione idonea al riscontro dei prezzi di trasferimento, richiede che i pagamenti di interessi e royalties devono essere rilevati (anche) secondo il criterio di cassa, al fine di valutare l’applicazione delle aliquote convenzionali sul valore che eccede quello di libera concorrenza. A parere di chi scrive, ciò non può che significare che al ricorre di tale fattispecie (i.e. emersione di un valore superiore a quello di mercato) l’Agenzia delle entrate potrebbe da qui in avanti operare sistematicamente oltre che una rettifica primaria anche un secondary adjustment.
Se abbiamo correttamente interpretato il pensiero dell’Amministrazione finanziaria, si è del parere che qualora questa prassi accertativa prendesse vigore, ci potremmo aspettare un nuovo filone di ricorsi19, in quanto allo stato dell’arte, come già evidenziato, non essendoci una norma di sistema, mancherebbe per tali contestazioni la fondamentale “norma violata”20, per la quale anche la richiamata circolare non opera alcun riferimento.
Note:
1 OECD (2022), OECD Transfer Pricing Guidelines for
Multinational Enterprises and Tax Administrations 2022, OECDPublishing, Paris, https://doi.org/10.1787/0e655865-en.
2 L’accertamento del maggior reddito viene operato ai sensi
dell’art. 110, comma 7, del D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.).
3 Ex art. 31-quater del D.P.R. n. 600/1973, quale strumento
normativo per evitare o risolvere la doppia imposizione a seguito
di una rettifica unilaterale corrispondente, laddove un’Autorità
fiscale estera apporti un aggiustamento primario (definitivo) in
base al principio di libera concorrenza.
4 Appare chiaro che nel caso in cui la rettifica primaria venga
annullata anche la rettifica secondaria segue la stessa sorte,
ovvero viene annullata anch’essa. In tal seno, si veda il documento
dell’EU Joint Transfer Pricing Forum - Final Report on
Secondary Adjustments - del 18 gennaio 2013 - DOC: JTPF/
017/FINAL/2012/EN, consultabile al link: urly.it/3pg2g.
5 La transazione figurativa può essere qualificata anche come
dividendi o apporti di capitali.
6 In tal senso, si veda M. Manca, “Royalty eccedenti il valore
normale: ritenuta (in)applicabilità delle ‘rettifiche secondarie’ in
Italia”, in Novità fiscali, Rivista edita dal Centro competenze
tributarie della SUPSI - n. 12/2019.
7 Legge 27 luglio 2000, n. 212 - c.d. Statuto del contribuente, art.
10,comma3: “Le sanzioni non sonocomunqueirrogate quando
la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla
portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o
quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun
debito di imposta”.
8 Il questionario sugli adeguamenti secondari si basa sui paragrafi
da 4.66 a 4.76 delle Linee Guida TP dell’OCSE. Le risposte
integrali degli Stati membri al questionario, tendente ad acquisire
una visione panoramica sugli aspetti giuridici e amministrativi
del tema in rassegna, sono riportate nel documento JTPF/
018/REV1/2011/EN, reperibile al link: urly.it/3pfxm.
9 “Does your MS have domestic legislation allowing secondary adjustments
and/or (internal) administrative guidelines on their implementation?
Please briefly indicate key points addressed and include the official
reference (and electronic link)”.
10 Il nuovo provvedimento ha sostituito dall’anno 2020 le disposizioni
attuative della disciplina contenute nel Provvedimento
del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 settembre 2010,
prot. n. 2010/137694.
11 Tale intervento è stato ritenuto necessario per recepire nell’ordinamento
interno gli aggiornamenti degli standard internazionali,
ivi incluse, in particolare, le risultanze del progettoOCSE-G20 in
tema di Base Erosion and Profit Shifiting (BEPS) che hanno apportato,
attraverso il rapporto sulle Action BEPS 8-10, importanti
modifiche alle Linee Guida OCSE in materia di prezzi di trasferimento
in vigore dal 2017. In tal senso, si veda la recente
circolare del 24 maggio 2022, n. 16/E dell’Agenzia delle entrate,
con la quale sono state emanate istruzioni operative in merito alla
corretta interpretazione della nozione di “intervallo di libera
concorrenza” nell’applicazione dell’art. 110, comma 7, del
T.U.I.R.
12 Con la quale sono stati forniti in extremis i chiarimenti sula
novellata documentazione idonea per l’anno 2020 a consentire il
riscontro della conformità al principio di libera concorrenza dei
prezzi di trasferimento.
13 In proposito, si segnala che tra i contributi forniti in merito alla
bozza della circolare TPDoc e pubblicati sul sito istituzionale
dell’AdE (link https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/
contributi-pervenuti1), quello di “BDO Tax” del 12 ottobre
2021 che in merito alle informazioni relative alle singole transazioni
(criterio di cassa), pur non cogliendo, a parere di chi scrive,
quanto sopra evidenziato in merito all’effettiva finalità della
richiesta, evidenzia che tali informazioni potrebbero generare
undisallineamento tra la disciplina generale in materia di imposte
sul reddito d’impresa e contenuto della documentazione sui
prezzi di trasferimento. Inoltre, viene posto in rilievo che tale
differente disciplina (criterio di cassa vs. criterio di competenza)
non è rinvenibile nell’Allegato II al CapitoloVdelle Linee Guida
TP OCSE, dove è richiesta l’indicazione degli importi delle
transazioni infragruppo senza differenziazione tra beni/servizi e
interessi/royalties.
14 Si veda in proposito M. Manca, Royalty eccedenti il valore normale:
ritenuta (in)applicabilità delle “rettifiche secondarie” in Italia, citato
alla precedente nota n. 6.
15 In tal senso, si veda D. Avolio -M.Bellini -M.Piazza, “Secondary
adjustment e rimborso del finanziamento figurativo fiscalmente
irrilevante”, in il fisco, n. 23/2022.
16 In proposito, si evidenzia che le Line Guida TP 2022, al citato
Cap. IV - par. C n. 4.69, evidenzia che l’approccio del prestito
occulto può avere impatto non soltanto sull’anno al quale si
riferisce la rettifica primaria, ma anche sugli anni successivi, fino
alla data in cui l’Amministrazione finanziaria che richiede la
rettifica secondaria considera che il prestito occulto sia stato
rimborsato.
17 Art. 163 D.P.R. n. 917/1986: “La stessa imposta non può essere
applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto,
neppure nei confronti di soggetti diversi”. In base alla citata
disposizione sono vietate la doppia imposizione giuridica ed
economica.
18 Lungi da me ogni considerazione sugli effetti giuridici che
potrebbero derivare da una tale contraddizione, ovvero da
una non veritiera dichiarazione resa dallo Stato italiano
all’EU Joint Transfer Pricing Forum, quale organo della
Commissione europea istituito nel 2002 per esaminare le
questioni che costituiscono ostacoli alle attività commerciali
transfrontaliere e per trovare soluzioni pragmatiche ai
problemi derivanti dall’applicazione del principio di libera
concorrenza all’interno dell’UE.
19 Con particolare riguardo all’ipotesi doppia imposizione,
l’impresa internazionale domestica potrebbe affiancare il
ricorso giurisdizionale interno all’apertura di una procedura
amichevole prevista dal novellato art. 25 delModello OCSE
2017, riprodotto in quasi tutte le Convenzioni stipulate
dall’Italia ancorché per quelle più datate non risulta ancora
allineato alla versione 2017 che prevede il ricorso all’arbitraggio
obbligatorio. Inoltre, qualora la disputa de qua interessi
l’ambito unionale, il contribuente può scegliere di
ricorrere al recente istituto disciplinato dalla Direttiva UE
1852/2017 recepita con D.Lgs. n. 49/2020 (c.d. Decreto
DRM), riguardante i meccanismi per la risoluzione delle
controversie in materia fiscale nella UE Tra i vari aspetti di
particolare interesse per cui si distingue tale ultimo istituto, si
apprezza di sicuro la possibilità da parte dell’impresa domestica
di attivare la procedura de qua anche qualora il contribuente
abbia aderito all’accertamento con adesione sulla
fattispecie originatrice della secondary adjustment, così come
si rileva nel caso di specie.
20 Norma violata che inserita nella legislazione fiscale interna,
considerato la complessità della tematica, come evidenziato
dalle richiamate Linee Guida OCSE TP, rappresenti in modo
preciso ed univoco l’approccio che l’Italia adotterebbe verso le
transazioni secondarie e, quindi, delle rettifiche secondarie che
ne derivano.