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Applicazione indiretta dei trattati: distribuzione di dividendi al beneficiario effettivo attraverso strutture c.d. pass trougth

In evidenza: La Suprema Corte di cassazione con la sentenza 30 settembre 2019, n. 24288, si è occupata dell’applicazione indiretta dei trattati stipulati dagli Stati per evitare le doppie imposizioni, con particolare riguardo alla distribuzione di dividenti per il tramite di soggetti interposti, meri percettori materiali dei proventi de qua, fornendo interessanti principi utili alla generalità dei soggetti che possono trovarsi nella non isolata fattispecie in rassegna, che non attiene alla sola applicazione ai predetti redditi, ma può ben riguardare anche ipotesi diverse, come gli interessi e le royalties.
La sentenza dei giudici di legittimità n. 24288/2019 si è occupata della particolare fattispecie in cui il beneficiario effettivo (beneficial owner) dei dividendi residente in uno Stato con il quale lo Stato di produzione dei proventi in parola abbia in corso una Convenzione contro la doppia imposizione, chieda l’applicazione (N.d.R. indiretta) dei benefici pattizi pur se abbia ricevuto i dividendi per il tramite di un soggetto interposto (primo prenditore) con funzione pass trougth, concludendo per il riconoscimento dei benefici de qua1.
Prima di vedere più da vicino la questione posta all’esame dei giudici di legittimità, è il caso di rivedere l’interpretazione della clausola del “beneficiario effettivo”, quale strumento di prevenzione da pratiche di elusione nella fiscalità internazionale, il cui esame necessita una valutazione sull’inesistenza di obblighi di retrocessione delle somme percepite ad altri soggetti, valorizzando l’effettiva disponibilità non solo giuridica ma soprattutto economica dei redditi da parte del soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro Stato contraente. Non possiamo però esimerci dal richiamare quanto realizzato dall’OCSE sul tema che, in considerazione dell’importanza del predetto status, nell’ambito della cooperazione amministrativa-fiscale ha predisposto un vademecum a disposizione degli ispettori del Fisco per aiutarli ad individuare i beneficiari effettivi che si celano dietro a società o ad altre entità giuridiche. Lo strumento denominato beneficial ownership toolkit, realizzato in collaborazione dal Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes dell’OCSE e dall’Inter-American Development Bank, è stato presentato in occasione del Global Integrity and Anti-Corruption Forum dell’OCSE, che si è tenuto a Parigi lo scorso 20 e 21 marzo 20192.

Beneficiario effettivo e soggetti interposti (pass through)

L’applicazione delle Convenzioni pattizie non può prescindere dalla verifica (i.e. sussistenza) del requisito del beneficiario effettivo, quale requisito fondamentale della trasparenza fiscale internazionale e della lotta contro l’evasione fiscale. Infatti, lo scopo della clausola de qua è proprio quello di contrastare l’interposizione di un soggetto terzo tra l’erogante dei redditi (ad esempio residente in Italia) ed il beneficiario finale degli stessi (ad esempio societàUEo extra-UE), al fine di sfruttare, indebitamente, la Convenzione pattizia stipulata tra lo Stato della fonte (Italia) e lo Stato in cui è residente il soggetto interposto, mentre il beneficiario effettivo dei redditi è localizzato in un diverso Paese extra-UE con una Convenzione contro le doppie imposizioni magari molto meno vantaggiosa.

Esempio

Si pensi al caso di una società residente nel territorio dello Stato che corrisponde dividendi ad una sub-holding intermedia estera c.d. statica che non svolge alcuna attività commerciale e possiede l’unica partecipazione totalitaria nella società domestica.
Nella fattispecie rappresentata, occorre verificare in un’ottica case-by-case se il beneficiario effettivo dei dividendi è la sub-holding estera della società italiana o la holding di ultima istanza localizzata in altro Stato (solitamente extra-UE) cui vengono retrocessi i dividendi dalla sub-holding estera.

Il ruolo di “passante”
In sostanza, in questa ipotesi si dovrebbe acclarare se la sub-holding estera si qualifichi come soggetto meramente “passante3 e, quindi, negare in capo alla stessa la natura di beneficiario effettivo. Il ruolo di “mero passante” può configurarsi, ad esempio, laddove la consociata estera retroceda a stretto giro e ritualmente esattamente l’importo dei dividendi ricevuti dalla controllata domestica. In tal caso, appare ragionevole sostenere che il beneficiario effettivo dei dividendi sia la holding di ultima istanza stabilita altrove e che, quindi, sui dividendi in uscita il soggetto residente in Italia non possa applicare la ritenuta convenzionale dello Stato della sub-holding ma, tutto al più, ricorrendone i presupposti la ritenuta convenzionale dello Stato della holding.
Calando l’interpretazione della clausola convenzionale de qua nella fattispecie in disamina, fuori dai casi di distorsione del sistema, laddove si è appurato che in ultima istanza i dividendi siano stati percepiti dal socio effettivo beneficiario, valorizzando la concreta disponibilità giuridica ed economica del reddito da parte di quest’ultimo soggetto, sottoposto alla giurisdizione dell’altro Stato contraente, viene in rilievo, come meglio vedremo successivamente, la possibilità di richiedere l’applicazione dei benefici pattizi anche se i proventi sono stati percepiti per il tramite di un soggetto interposto e mero prenditore a cui non è possibile riconoscere in
alcun modo i benefici pattizi.
Al riguardo, i giudici di legittimità hanno già chiarito che la clausola del beneficiario effettivo costituisce clausola generale dell’ordinamento fiscale internazionale volta ad impedire che i soggetti possano abusare dei trattati attraverso pratiche di treaty shopping, con lo scopo di riconoscere la protezione convenzionale a contribuenti che diversamente non ne avrebbero avuto diritto o che avrebbero subito un trattamento fiscale meno favorevole4. Inoltre, tale interpretazione è in linea con la Convenzione di Vienna sull’interpretazione dei trattati del 23 maggio 1969, laddove dall’art. 31 si ricava che la nozione di “beneficiario”, per le Convenzioni stipulate ante 19775, coincide con quella di “beneficiario effettivo”, sebbene introdotta solo successivamente nel modello OCSE.

Il “beneficiario effettivo” nelle Convenzioni

Giova ricordare che il concetto di “beneficiario effettivo” è stato introdotto quale clausola antiabuso negli artt. 10 (dividendi), 11 (interessi) e 12 (canoni) del modello di Convenzione fiscale OCSE a partire dalla versione del 1977 e meglio precisata nelle successive formulazioni, con lo scopo di contrastare le richiamate pratiche di treaty shopping, poste in essere al solo precipuo fine di beneficiare delle disposizioni convenzionali più favorevoli e/o non spettanti.
A seguito di varie modifiche ed integrazioni del citato Commentario si prevede attualmente che si considera beneficiario effettivo dei flussi reddituali, il percettore dei redditi che gode del semplice diritto di utilizzo dei flussi reddituali (right to use and enjoy) ovvero che risulti beneficiario effettivo dei proventi ed averne, quindi, il potere di impiegare e godere liberamente degli stessi e non sia, conseguentemente, obbligato a retrocederli ad altro soggetto, sulla base di obbligazioni contrattuali o legali, desumibili anche in via di fatto (unconstrained by a contractual or legal obligation to pass on the payment received to another person)6.
Diversamente dalle nuove Convenzioni che si ispirano al più recente modello OCSE, per le Convenzioni contro le doppie imposizioni più datate, ovvero che non contengono il riferimento al beneficiario effettivo dei redditi, come nel caso di specie quella in essere con il Giappone7, gli Stati possono beneficiare di un importante strumento per operare modifiche ai trattati senza andare a negoziare singolo per singolo.
Più in dettaglio, il riferimento è alla Convenzione multilaterale (o Multilateral Instrument - MLI) in vigore dal 1° luglio 2018, che consente ai governi di attuare standard minimi concordati per contrastare l’abuso dei trattati fiscali, onde prevenire l’erosione della base imponibile e il trasferimento illegale dei profitti (misura BEPS- Action 15) segnando così un passo significativo negli sforzi internazionali, per aggiornare la rete esistente di trattati fiscali bilaterali e ridurre le opportunità di evasione fiscale da parte delle imprese multinazionali8. La Convenzione multilaterale per l’attuazione delle misure BEPS è stata sottoscritta il 7 giugno 2017 da 68 Stati, inclusa l’Italia ove però non è ancora in vigore (come per molti altri Stati), in quanto ad oggi non risulta depositato lo strumento di ratifica.
La Convenzione multilaterale non mira solo ad attuare le misure anti-BEPS, ma ha lo scopo di aggiornare e uniformare i trattati contro le doppie imposizioni esistenti in modo sincronizzato ed efficiente senza la necessità di spendere risorse rinegoziando bilateralmente ogni trattato, alcuni dei quali sono stati conclusi tempo fa e non seguono il modello di Convenzione OCSE(vedi Giappone), con il precipuo scopo di limitare quei fenomeni di doppia non imposizione che il progetto BEPS intende contrastare9.

Corte di cassazione - sentenza n. 24288

La Suprema Corte di cassazione con la sentenza 30 settembre 2019, n. 24288 oggetto della presente disamina, ha stabilito che il beneficial owner dei dividendi residente in uno Stato con il quale lo Stato della fonte abbia in essere una Convenzione per eliminare la doppia imposizione, può chiedere l’applicazione dei benefici convenzionali ancorché abbia ricevuto i dividendi in parola tramite un soggetto interposto, al quale in base al medesimo principio detti benefici non possono essere riconosciuti10.

Caso esaminato

Più in dettaglio, la fattispecie esaminata dai giudici di legittimità ha riguardato una controversia sul silenzio-rifiuto dell’istanza di rimborso presentata da un Fondo pensionistico giapponese per le maggiori ritenute alla fonte applicate in relazione a dividendi corrisposti da società italiane ad alcuni veicoli di diritto statunitense (SPV o Special Purpose Vehicles), nell’ambito di uno schema articolato di amministrazione fiduciaria, il quale prevedeva che gli attivi confluiti in un Fondo pensionistico nazionale fossero gestiti attraverso istituti di credito giapponesi che agivano come trustees, che con la costituzione di uno o più SPV esteri davano in affidamento l’amministrazione
della disponibilità ad una società di gestione patrimoniale. A sua volta questa società sulla base del contratto di gestione avrebbe investito in azioni di società italiane, affidate in deposito ad una società di servizi finanziari statunitense che curava l’incasso dei dividendi in Italia e a retrocederli all’SPV che a sua volta li retrocedeva all’istituto di credito giapponese in qualità di trustee del Fondo pensione.
Come precedentemente evidenziato, sull’istanza di rimborso presentata dal contribuente non residente si era formato il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria. L’istanza presentata aveva ad oggetto la differenza fra la maggior imposta alla fonte applicata (aliquota del 32,4%) e la più ridotta ritenuta convenzionale (aliquota del 15%) ed era formulata, in sintesi, con la seguente motivazione:

a) il Fondo pensionistico si configurava come beneficiario effettivo dei dividendi in rassegna, residente fiscalmente in Giappone, come da attestazione rilasciata delle Autorità giapponesi;
b) la SPV di diritto statunitense svolgeva un ruolo di intermediario nello schema di gestione e amministrazione delle disponibilità derivanti dalla partecipazione dei lavoratori dipendenti al programma pensionistico nazionale;
c) la Convenzione pattizia tra l’Italia e Stati Uniti richiamava la possibilità di tassare per trasparenza il reddito della SPV intermediario costituito nella forma di limited partnership di diritto statunitense, per cui sarebbe venuta meno la norma convenzionale di cui all’art. 10 della Convenzione fra Italia e Stati Uniti.

Contro la sentenza favorevole dei giudici di prime cure al Fondo giapponese, l’Agenzia delle entrate si era appellata alla Commissione tributaria regionale Piemonte che, accogliendo la tesi del Fisco basandosi solo sul dato testuale della norma, riteneva inapplicabile al caso di specie il richiamato art. 10 della Convenzione Italia-Giappone, atteso che la norma appena citata presuppone che il soggetto che riceve il pagamento dei dividendi sia residente in uno dei due Stati contraenti (i.e. Giappone), senza fornire alcuna indicazione sul percettore che poteva essere anche un semplice intermediario.
Di diverso parere si è, invece, mostrata la Suprema Corte di cassazione con la sentenza in rassegna, che sulla scorta del principio per cui attraverso una ricostruzione secondo buona fede dell’art. 10 della Convenzione pattizia si arriva a ritenere che la nozione di “beneficiario” coincida con quella di “beneficiario effettivo” e, quindi, può ricadere nel regime convenzionale de qua soltanto il soggetto che ha la piena disponibilità giuridica ed economica dei dividendi percepiti. Quanto sopra, in ossequio ai principi di fiscalità internazionale e alla clausola di beneficiario effettivo introdotta nella nuova versione dell’art. 10 del Commentario OCSE e successive formulazioni, da ultimo nella versione 2017, nonché in aderenza ai canoni ermeneutici contenuti nell’art. 31 della già citata Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati che porterebbe anch’essa a ritenere che la nozione di “beneficiario” coincida proprio con quella di “beneficiario effettivo”. Pertanto, alla luce di quanto sopra, ne consegue che anche nella datata Convenzione Italia-Giappone del 1963, con l’espressione “dividendi pagati” devono intendersi i dividendi effettivamente e definitivamente percepiti, restando inapplicabile il beneficio in parola ai soggetti meramente interposti, ancorché l’espressione “beneficiario effettivo” sia stata esplicitamente introdotta solo nelle Convenzioni che hanno recepito il nuovo modello OCSE.
È interessante notare pure come le positive conclusioni cui giungono i giudici di legittimità prescindono dalla circostanza che nel caso i disamina il soggetto interposto sia una partnership di diritto statunitense il cui reddito è tassato per trasparenza in capo ai soci, per cui in base al trattato Italia-Usa si sarebbe applicato il regime convenzionale dello Stato del socio (i.e. Giappone).

Considerazioni conclusive

In considerazione di tutto quanto precede, ne discende che la sentenza della Suprema Corte Cassazione conclude per l’irrilevanza dei dividendi corrisposti, in prima battuta, al veicolo SPV, ammettendo che il socio (i.e. Fondo pensionistico), qualificato come “beneficiario effettivo” dei redditi in parola, ha diritto ad accedere ai benefici pattizi previsti dalla Convenzione tra l’Italia e il Giappone, con la conseguente applicazione della ritenuta d’imposta ridotta nella misura del 15%. Dello stesso orientamento si è già mostrata la prassi amministrativa con la risoluzione del 12 luglio 2006, n. 86/E.
Infine, si ricorda che detto diritto, può essere riconosciuto soltanto al ricorrere di tutte le prescritte condizioni, ovvero che per ogni singolo periodo d’imposta interessato (da cui scaturisce un’autonoma obbligazione tributaria), per il quale si richiede l’applicazione dei benefici pattizi, il beneficiario effettivo dei redditi produca al sostituto d’imposta (rectius soggetto pagatore posto nello Stato della fonte dei redditi) la seguente documentazione, prima del pagamento:
- certificato attestante la residenza, rilasciato dall’Autorità fiscale dello Stato estero;
- dichiarazione rilasciata dallo stesso beneficiario effettivo, attestante: tale status; di essere soggetto a tassazione per questi redditi nello Stato di residenza;
di non avere una stabile organizzazione o una base fissa d’affari in Italia. I requisiti de qua possono essere riportati anche sul modello approvato con Provvedimento direttoriale prot. n. 2013/84404, nella specie modello “A - dividendi”, utilizzabile dai soggetti non residenti per ottenere l’applicazione diretta delle ritenute convenzionali (o l’esonero / rimborso dell’imposta italiana)11.
Note:
1 È notorio che dall’applicazione diretta da parte del contribuente domestico delle Convenzioni stipulate dall’Italia con gli altri Stati contraenti, ne discende la riduzione e/o l’eliminazione
delle ritenute fiscali a titolo d’imposta previste sui redditi ivi disciplinati (capitali, interessi, royalties, ecc.) corrisposti a soggetti non residenti.
2 Per approfondimenti si rimanda al seguente link: https://www.fiscooggi.it/rubrica/dal-mondo/articolo/ocse-arriva-cassettadegli-attrezzi-individuare-beneficiari-effettivi.
3 i.e. costruzione puramente artificiosa, priva di effettività economica e, in quanto, tale finalizzata meramente al conseguimento di un vantaggio fiscale, quale è l’applicazione
dell’aliquota della ritenuta alla fonte sui dividendi di fonte nazionale, prevista dal diritto interno, al fine di godere indebitamente di un’aliquota d’imposta minore rispetto a quella prevista
dalla Convenzione tra lo Stato del pagante e lo Stato del percettore estero o meglio ancora dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte tra Stati membri contemplata dalla Direttiva sulle
società Madre e figlie. Per approfondimenti sul tema si veda, tra gli altri, A. Veneruso, “Distribuzione di dividendi alle holding comunitarie: applicazione del regime di esenzione della ritenuta”, in questa Rivista, n. 2/2020.
4 Si veda la Corte di cassazione - sentenza n. 32840/2018, richiamata dalla sentenza in rassegna n. 24288 del 30 settembre 2019.
5 Si veda ad esempio Cipro, Ungheria, Giappone, l’Irlanda, Marocco, Tanzania, Trinidad, Tobago, Jugoslavia e Zambia.
6 In merito, si rimanda a quanto già indicato nel precedente contributo in questa Rivista, n. 2/2019. Inoltre, si riporta che la circolare n. 6 del 2 aprile 2014 della Segreteria di Stato per le
Finanze e il Bilancio della Repubblica di San Marino (richiamando la prassi amministrativa italiana: C.M. n. 306/E/1996 Cap. VIII - par. 8 e R.M. n. 104/E/1997), evidenzia che in altri
termini, stante le finalità dichiaratamente antielusive della clausola de qua, si deve privilegiare una lettura di tipo sostanziale e non formale del concetto di beneficial owner, verificando l’effettiva
(oltre che giuridica) titolarità dei diritti (i.e. titolarità del potere di decidere la produzione ed il realizzo dei redditi e il potere di disporne) e non la mera titolarità formale degli stessi.
7 Cfr. nota n. 6.
8 Si veda in merito il Comunicato stampa OCSE 22 marzo 2018. La Convenzione multilaterale consta di sette parti e 39 articoli e la prima parte contiene le disposizioni generali: scopo (art. 1) e
interpretazione della Convenzione (art. 2).
9 Per approfondimenti si rimanda al seguente link: http://www.oecd.org/tax/beps/beps-actions/action15/
10 Si veda in merito anche A. Bitti - L. Miele, “Ritenuta convenzionale per il beneficiario effettivo dei dividendi ‘passanti’”, in Eutekne.info del 5 novembre 2019.
11 Per approfondimento si veda, tra gli altri, il contributo di A. Veneruso in questa Rivista, n. 2/2020.

2020-09-01 12:00