In evidenza: Le modifiche operate dal legislatore alla normativa penal-tributaria, anche dall’art. 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 741, ci riporta a riconsiderare il tema della rilevanza penale delle rettifiche da transfer pricing, nell’ambito del delitto di dichiarazione infedele, nella versione in vigore dal 25 dicembre 20192.
Note:
1 Giova evidenziare che il reato di dichiarazione infedele è caratterizzato da un’ampia portata applicativa, essendo richiesta per la sua commissione la mera presentazione di una dichiarazione ai
fini delle II.DD. o dell’IVA non veritiera, non qualificata da ulteriori elementi fraudolenti né, tantomeno, è necessario che venga realizzato un comportamento idoneo a rendere difficile
all’Amministrazione finanziaria la ricostruzione della posizione fiscale del contribuente. Infatti, solo con la presentazione di una delle predette dichiarazioni annuale si realizza il presupposto
obiettivo dell’evasione d’imposta e la concreta offesa degli interessi connessi al prelievo fiscale. Si veda in merito la sentenza della Suprema Cassazione n. 13926 del 12 aprile 2012.
2 Modifiche apportate dall’art. 39 del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazione dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157.
3 Infatti, non rilevano le violazioni alla dichiarazione in materia di IRAP.
4 Art. 4 - Dichiarazione infedele (in vigore dal 25 dicembre 2019).
1. Fuori dei casi previsti dagli artt. 2 e 3, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in
una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila;
b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.
1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti,
rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione
dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
1-ter. Fuori dei casi di cui alcomma1-bis, non danno luogo a fatti
punibili le valutazioni che complessivamente considerate, differiscono
in misura inferiore al 10% da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella
verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lett. a) e b).
5 Per fare un esempio, si richiama il recente commento in merito agli effetti della modifica normativa de qua, del Prof. M. Leo, “Valutazioni: ambiguità sull’errore rilevante” in il Sole 24 - Ore
del 21 gennaio 2020, nel quale l’autore, tra l’altro, prende a base il caso di una società, alla quale vengono rilevati errori di valutazione, per componenti positivi di reddito dalla stessa
valutati 100, ma per i quali sia ritenuta corretta [N.d.R. dal Fisco] una stima di 111 (scostamento dell’11%) e siano contestati anche la sovrastima di costi valutati 105 anziché 100. In tale
scenario, in base alla pregressa formulazione del comma 1-ter, la società non avrebbe potuto superare il vecchio test individuale con riferimento alla sola sottostima dei ricavi. Diversamente, con la nuova formulazione della norma (“complessivamente”) la società potrebbe ora soddisfare il nuovo test, per lo scostamento complessivo derivante dalla somma algebrica dell’errore sui ricavi dell’11% con quello dei costi del 5%, ottenendo uno scostamento complessivo del 16%, ampiamente eccedente il limite di legge del 10%. Gli effetti di tale esemplificazione sono contestati dall’autore stesso in quanto imporrebbe in modo
illogico di sommare tra di essi elementi non confrontabili.
6 Si evidenzia che la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 173/2008, che ha inserito il n. 22-bis all’art. 2427 c.c., con riferimento alle informazioni in Nota integrativa circa le operazioni con parti correlate, ha affermato che per “normali condizioni di mercato” non dovrebbero intendersi solo quelle attinenti al prezzo delle
operazioni, dovendosi considerare anche le motivazioni che hanno condotto alla decisione di porre in essere l’operazione e a concluderla con parti correlate e non con terzi. Si veda in merito M. Meoli, “Da provare la necessità di informazioni sulle operazioni con parti correlate” in Eutekne.info del 18 gennaio
2020.
7 Decreto recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”. Con tale norma il legislatore domestico ha introdotto la possibilità (non un
obbligo) per le imprese multinazionali di predisporre un’apposita documentazione sulle politiche di transfer pricing adottate dai gruppi multinazionali, al fine di adeguare la normativa nazionale
alle Direttive OCSE in materia. Per un approfondimento, si rimanda, tra gli altri, A. Veneruso, “Transfer pricing: obblighi di documentazione a supporto delle policy infragruppo”, in Azienda & Fisco, n. 12/2010; e “Transfer pricing: primi chiarimenti in materia di oneri documentali”, in Bilancio e reddito
d’Impresa, n. 3/2011; e P. Valente - I. Caraccioli, “Valutazione di idoneità della documentazione sui prezzi di trasferimento” in il fisco, n. 21/2016.
8 A tal fine l’attuale versione dell’art. 1 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, al comma 6 reca la previsione della non applicabilità delle sanzioni connesse alla rettifica del valore
normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’art. 110, comma 7, da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, qualora il contribuente, nel corso dell’accesso, ispezione, verifica o altra attività istruttoria, consegni agli organi di controllo una
specifica documentazione prevista con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, emanato in data 29 settembre 2010, idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati.
9 D.Lgs. n. 471/1997, art. 2, comma 4-ter: “In caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’art. 110, comma 7, del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, da cui derivi la non corretta applicazione delle aliquote convenzionali sul valore delle royalties e degli interessi attivi che eccede il
valore normale previste per l’esercizio della ritenuta di cui all’articolo 25, quarto comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, la sanzione di
cui al comma 2 non si applica qualora, nel corso dell’accesso,
ispezione o verifica o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito Provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. Il contribuente che detiene la documentazione prevista dal
Provvedimento di cui al periodo precedente deve darne apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria secondo le modalità e i termini ivi indicati; in assenza di detta comunicazione
si rende applicabile la sanzione di cui al comma 2”.
10 Barrando l’apposita casella del Quadro RS - rigo RS 106 del Mod. UNICO/SC di ogni anno in cui si vuole segnalare l’adesione alla penalty protection. L’effetto premiale non opera
in presenza di contestazioni di costi ritenuticome “non inerenti”
all’esercizio d’impresa, in quanto non afferenti a rettifiche in
materia di transfer pricing, così come meglio chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare 21 giugno 2011, par. 4.5.
11 Cfr. Comm. trib. reg. Lombardia, sentenza n. 2454/1/2017. In merito, si vedaM.Bellini - E. Ceriana, “Sanzioni sul transfer price: i giudici alzano lo scudo”, in il Sole 24 - Ore del 13 gennaio 2020
12 A tal fine, si segnala che in data 12 febbraio 2020 l’OCSE ha pubblicato la Guida sui prezzi di trasferimento per le transazioni finanziarie, che si inserisce nell’ambito del c.d. progetto Beps
del 2015 (Base Erosion&Profit Shifting). In particolare, l’Action 4 del piano d’Azione Beps ha richiesto lo sviluppo dei prezzi guida per quanto riguarda “la determinazione del prezzo di
trasferimento delle operazioni finanziarie con parti correlate, comprese le garanzie finanziarie e di prestazione, i derivati (compresi i derivati interni utilizzati nelle negoziazioni interne
alle banche), e altri accordi assicurativi”. La dottrina che
condividiamo (vedi V. Vallefuoco, in il Sole 24 - Ore del 13 febbraio 2020), segnala che alcune recenti sentenze hanno ritenuto che l’applicazione di una diversa metodologia di
analisi dei prezzi di trasferimento, implicando per l’appunto
valutazioni discrezionali, non possa comportare responsabilità penali. Nella sostanza, l’autore giunge alla conclusione che se il contribuente adotterà tali specifiche Linee
Guida OCSE per le transazioni finanziare intercompany la sua
responsabilità sarà da escludersi categoricamente potendo assumere
le stesse la veste di altra documentazione rilevante ai fini
fiscali, di cui all’art. 4, del D.Lgs. n. 74/2000.